La storia dell’umano è strettamente collegata alla natura, dopotutto abbiamo passato molto più tempo come esseri primitivi rispetto alla modernità: da quando gli ominidi sono emersi dal caos primordiale dei primati, la storia di Homo sapiens rappresenta un battito di ciglia. Abbiamo osservato i vari racconti che ancora oggi ci parlano di antiche credenze legate al mondo naturale: creature ibride che sono il residuo di divinità animali, miti e leggende su qualche albero o pianta particolare, tradizioni che tenacemente si aggrappano a momenti specifici dell’anno… ninfe, eroine, fate, streghe. Se pensiamo poi che, da primitivi, abbiamo condiviso tane con orsi e iene non può stupire che i nostri antenati avessero deciso d’impiegare tempo e energie nel ritrarre chi divideva con loro il suolo calpestabile della terra. Le celebri pitture delle grotte francocantabriche (Chauvet, Altamira, Lascaux per citare le più famose) ci mostrano una fauna che oggi non s’incontra più nel nostro continente come leoni, bisonti, mammut; nel nord Italia, e più nello specifico in Piemonte, vivevano ad esempio balene, rinoceronti, uri.

La capra: simbolo, maschera, incisione. Oggi vorrei parlarvi di una piccola e curiosa incisione rupestre situata nella borgata Pradeltorno di Angrogna (più precisamente, poco oltre i casolari del Fau). Conosco piuttosto bene la Valli Valdesi perché ci sono nata, ma anche perché per anni ne ho riscritto storie e leggende assieme all’illustratrice Leonora Camusso, per il nostro progetto Valdesina, andando a ricercare i luoghi in cui i racconti tradizionali erano ambientati. Mi ero recata alle Turle per narrare una leggenda del luogo (il link è QUI, se siete curiosi) e poco oltre avevo trovato il masso inciso, ma non ho mai davvero avuto modo di approfondire l’argomento. Si tratta di un’incisione piuttosto piccola e senza fronzoli, l’assenza di particolari suggestivi come ruote, croci, figure umane (che indicano un legame più evidente con temi spirituali e che pure sono presenti in altri siti rupestri anche molto vicini) ne ha decretato la poca notorietà. Eppure la capra è una delle maschere carnevalesche più diffuse, soprattutto nei paesi europei orientali, e non dobbiamo dimenticare il suo ruolo cruciale nelle celebrazioni natalizie del nord Europa.
Non sapremo naturalmente mai se la capra incisa su questo masso volesse simboleggiare la prosperità e fosse quindi un modo per procurarsi la fertilità, secondo un meccanismo magico, ma non possiamo sottovalutare il significato di quest’animale, soprattutto in una zona montana in cui la pastorizia era una delle principali, se non la prima, fonte di sussistenza.

Il dettaglio dell’incisione.

Età della pietra, cos’è, perché, quanto è valida. L’Età della pietra è una convenzione scientifica che indica un periodo storico iniziato circa tra 2,7 e 2 milioni di anni fa (Pliocene superiore), quando nell’Africa orientale alcuni ominidi cominciano a manipolare e lavorare ciottoli: inizialmente le pietre sono solo rozzamente scheggiate, ma è un’attività che prevede progettualità e capacità di previsione, elementi che si evolveranno poi nella cultura umana, e per questo motivo i fossili dell’epoca sono stati chiamati Homo habilis. In Europa il Paleolitico inizia più tardi, così come accadrà per il Neolitico, perché si tratta di termini legati alla testimonianza di determinate acquisizioni: Homo (erectus) arriverà più tardi nei nostri territori e questo ritarda tutte le datazioni possibili. Da subito ci dobbiamo arrendere al fatto che le nostre conoscenze sono, al momento, davvero limitate. E anche relative. Scrive per esempio Ian Tattersall: “Il mito dell’“uomo delle caverne” deriva dal fatto che i luoghi di questo genere erano le aree in cui gli ominidi preferivano accamparsi e allo stesso tempo anche i posti in cui i loro detriti avevano buone possibilità di conservarsi. Di fatto, l’antico Homo viveva raramente, per non dire mai, nelle caverne e se mai vi si rifugiava, trascorreva comunque la maggior parte della vita all’aperto”.

Il panorama circostante.

La storia dell’uomo legata a questo materiale. Quindi, se da un lato (per fortuna!) non mancano i reperti fossili e archeologici -leggasi, ossa e manufatti- che tramite progressi tecnologici ci hanno permesso, in questi ultimi anni, di ampliare moltissimo il bagaglio di conoscenze sui nostri antenati, ahimè sappiamo poco o nulla di ciò che accadeva nella testa e negli aspetti immateriali della vita di quelle persone: cosa pensavano, a cosa credevano, cosa dicevano? Tutto questo la pietra non può farcelo scoprire.
L’Età della Pietra potrebbe essere stata anche “l’Età dell’albero” poiché è altamente probabile che il primo materiale lavorato dall’uomo sia stato qualcosa di duttile come il legno, ma sappiamo tutti quanto esso deperisca facilmente se esposto agli agenti atmosferici e, per moltissimo tempo, l’uomo non si curò di trattare i propri oggetti, che fossero di uso quotidiano o religioso, in modo che durassero nel tempo; e allo stesso tempo, per vedere il bicchiere mezzo pieno, sappiamo che nel momento in cui c’imbattiamo in qualcosa fatto per resistere in eterno, ci troviamo di fronte alla testimonianza del raggiungimento intellettivo che fa pensare e immaginare un Aldilà, un bisogno oltre la vita terrena e il tempo corrente. Qualcosa che ci rende sapiens.

Altra incisione (una scala) sullo stesso masso.

L’ora di religione #21: le pietre sacre