In uno degli ultimi Natali passati a casa di amici, ricordo di essere entrata nel salotto di questi nostri coetanei italiani ed essermi stupita alla vista di uno Yule Goat (una tipica statuina in paglia del Nord Europa raffigurante una capra) piazzato proprio accanto all’albero di Natale. Poi le corse dei bambini, i saluti e gli auguri, lo scaricare piatti, regali e giacche mi aveva distolta dalla curiosità di scoprire dove mai avessero scovato il bizzarro oggetto. Immaginate lo stupore quando, poco tempo dopo, mi sono imbattuta nel medesimo fantoccio dai nastri rossi sul catalogo di una celeberrima azienda svedese di mobili… Insomma, sì: l’antica tradizione della capra di Natale scandinava resiste allo scorrere degli anni e, anzi, oggi è pronta a conquistare il mondo!

Mascherarsi da capra. Un’usanza scandinava, nota dal XVII secolo e presente ancora oggi in alcune zone con il nome Julebukking, ricorda tradizione inglese del wassailing: a Natale o all’Epifania alcuni giovani percorrono mascherati le strade, intonando canzoni e facendo scherzi, e tra di loro compare anche la maschera della capra di Yule, creatura turbolenta e talvolta spaventosa, il cui scopo è chiedere e ottenere regali. Le maschere, note come Julebukkers, vanno di porta in porta e i vicini vengono sfidati a indovinare l’identità delle persone in costume che cercano di camuffare voce e posture; talvolta i partecipanti intonano canti natalizi e vengono premiati con dolci e caramelle, in altri casi la tradizione vuole che un componente della famiglia si unisca agli Julebukkers e prosegua il corteo alla dimora successiva.
La funzione sociale dello Yule Goat è cambiata nel tempo e recentemente il suo ruolo è diventato quello di consegnare di regali di Natale, talvolta interpretato da un familiare che si traveste da capra per i bambini: un’evoluzione che lo metterebbe perciò in stretta relazione con San Nicola/Babbo Natale.

Origini divine? Se lo Yule Goat, la capra di Natale, è senza ombra di dubbio un simbolo e una tradizione natalizia scandinava e nordeuropea, un po’ più difficile è identificarne l’origine (quasi certamente pagana, probabilmente germanica, di sicuro presente in diverse varianti). Sono comunque due le vie per interpretare il senso di questo curioso animale in paglia: la prima lo lega al dio germanico Thor, la seconda lo vuole come versione dello spirito del grano. Dal momento che Thor può solcare i cieli grazie a un carro trainato da due capre, Tanngrisnir e Tanngnjóstr, si tende ad associargli questo animale, la cui celebrazione sarebbe collegata al culto proprio del dio. A sostegno di questa ipotesi, che attinge al bagaglio culturale indoeuropeo, alcuni paragonano la ricorrenza slava di Kolyada, accostabile allo Yule norreno, e la presenza durante la festa di una maschera di capra che chiede offerte e regali, quale antico simbolo di fertilità che richiama l’abbondanza delle stagioni passate nel momento critico dell’inverno.

Spirito del grano. In Svezia si riteneva che l’ultimo covone di grano falciato avesse proprietà magiche, al suo interno risiedeva lo spirito del raccolto e per questo veniva conservato per le celebrazioni di Yule, a seconda del periodo storico e della localizzazione geografica, cambiava l’aspetto animale dello spirito (ne avevamo parlato qui), quello in forma caprina prende il nome di Julbocken (capra di Yule): spirito invisibile che appariva sul fare del Natale per controllare il corretto svolgimento dei preparativi alla festa. Anticamente uno scherzo popolare del periodo natalizio consisteva nell’introdurre di nascosto il fantoccio di paglia a forma di capra nella casa dei vicini, senza essere scoperti… alle vittime dello scherzo toccava poi liberarsi dell’oggetto allo stesso modo, in una sorta di circolo ludico che di sicuro serviva anche a serrare i legami della comunità.