Si ritiene che l’idea della testa di Medusa posta sullo scudo di Atena sia legata alle più antiche maschere di Gorgone ritrovate in scavi archeologici databili al Neolitico, probabilmente indossate da sacerdotesse che celebravano il culto preistorico della Grande Dea e il cui legame con il serpente non era elemento negativo, ma anzi di rinascita. Il disagio nei confronti dei serpenti è diffuso, ma bisogna ammettere che molta della loro antipatia viene ispirata dal ricordo dell’infido rettile del giardino dell’Eden, mentre per i primissimi europei esso era epifania della Dea, nella sua forma di rigeneratrice di vita, proprio come l’animale che mutando pelle sembra rinascere a nuova vita (e dobbiamo ricordarci che a quell’epoca la concezione del tempo era ciclica -proprio come le spire del serpente- per cui alla morte seguiva una nuova vita).

Ancora su Medusa. Abbiamo già analizzato alcuni elementi che legano la più famosa delle tre Gorgoni al culto della Dea (la maschera, lo specchio e il sangue), ma se risaliamo nella storia del personaggio ne incontreremo altri. Uno l’abbiamo appena nominato ed è il numero tre: la Dea preistorica descritta da Gimbutas è tripartita, rappresentante in una sola divinità le tre fasi della vita femminile e naturale attraverso la giovinezza, la procreazione e la vecchiaia. Tre come le Gorgoni (e tutte le più arcaiche figure mitiche greche: le Parche, le Furie, le Grazie, le Sirene, le Graie etc, etc)… Medusa è legata all’acqua -non tanto per il suo legame con Poseidone -che in epoca arcaica non era divinità preposta al mare, ma un dio ctonio connesso al frassino e al bronzo- più che altro per essere discendente di Forco e Ponto, divinità marine primordiali. L’acqua era vista nell’Europa antica come elemento che donava la vita e non è paradossale che l’Aldilà fosse immaginato come una distesa d’acqua (nella concezione ciclica del tempo, la vita era un flusso costante tra la vita e la morte e l’acqua era tanto l’elemento in cui si sprofondava da defunti quanto quello da cui si emergeva a nuova vita). Se l’acqua era elemento rigenerante, l’animale associato era il serpente che costantemente si rigenera da se stesso; nella stirpe di Medusa ci saranno altre creature serpentiformi e non possiamo non citare un altro animale psicopompo per eccellenza, e si ricordi che la Gorgone è legata all’Aldilà anche per essere custode delle porte dell’Ade, ovvero il cavallo: dalla testa recisa di Medusa nasce infatti per partenogenesi i figli di Poseidone (nati straordinariamente come Atena da Zeus) Pegaso, celebre cavallo alato.

Il serpente nell’antichità europea. Quanti dei draghi protagonisti di gesta eroiche, sempre sconfitti s’intende, erano un tempo serpenti (magari dotati di una funzione particolare e uccisi da un eroe maschio armato di spada)? Nell’immaginario occidentale il serpente più temuto è quello del racconto biblico: per colpa sua, e della sua complice femmina, l’umanità è stata cacciata per sempre dal giardino dell’Eden. Il tema del rettile che sorveglia un albero, quasi sempre un albero cosmico o dell’immortalità, legato a un uomo speciale (dio, eroe culturale o primo uomo) è un topos noto: oltre all’episodio biblico, citiamo Nioggrh e Odino e Ladone ed Eracle, ma potremmo proseguire con Gilgamesh, Thor, Indra, Marduk, Apollo… Tutti personaggi tipicamente indoeuropei. Quasi certamente questi racconti sono la versione figurata del culto degli dei guerrieri che s’impone su quello della Grande Dea, di cui il serpente è manifestazione.
Alcune sue caratteristiche però non sono svanite: oltre al legame con l’immortalità (sopra rappresentata dai frutti dell’albero custodito), in tutta l’area celtica il serpente continua ad essere strettamente connesso all’acqua, come guardiano di fonti curative, e alla rigenerazione. Attributo del dio primaverile Cernunno è ad esempio l’ibrido serpente con corna di ariete: una figura che si è mantenuta nell’iconografia celtica ma vede i suoi precedenti nelle immagini della dea preistorica che costantemente rigenerava (le spire del serpente e le corna dell’ariete sono simboli spirali intercambiabili): la Dea poteva curare ricreando la vita.

Il serpente nella preistoria europea. Esso, come scrive Gimbutas, “certamente ci parla delle comuni radici preistoriche”: abbiamo visto che alcuni temi legati al serpente si presentano lungo tutte le rotte dell’Europa, rappresentando il ciclo vitale al suo inizio come acqua primordiale che genera ogni forma di vita, sia il termine dell’esistenza quando la Dea, nel suo aspetto di Reggitrice di morte, figura come aspide velenoso (e da cui il folclore e l’opinione pubblica hanno attinto a piene mani). Il segno della Dea, la spirale del serpente, è antichissimo poiché la sua massima diffusione è riscontrabile su ceramiche del 5000-4000 a.C. e in tutta Europa ritroviamo sue testimonianze: le spirali incise sulle tombe megalitiche d’Irlanda, nell’arte orafa celtica, nelle incisioni rupestri scozzesi, sui graffiti scandinavi che ritraggono creature serpentiformi su navi o carri, sul Monte Bego non troppo distante da dove vivo, nelle statuette antropomorfe cretesi dove la dea serpente compare con ali d’ape e maschera, attributi della Gorgone.
In tutti questi esempi si noti però che, usando parole di Marija Gimbutas: “Non è il corpo del serpente a essere sacro, ma l’energia trasudata da quest’essere che forma spirali o si avvolge, la quale ne trascende i confini e influenza il mondo circostante”. Ancora una volta, il focus non è sull’animale in sé, che è solo un messaggero, ma è lo straordinario mistero della Vita.

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