Il mio nome è perso nella memoria degli umani.
Molte volte sono disceso nel mondo di roccia, terra e vegetazione. E altrettante sono risalito alle mie dimore celesti.
Sono stato chiamato con infiniti nomi e rappresentato in mille immagini… a volte sono stato pensato in una forma molto distante da quella reale e altre volte sono stato visto per come davvero appaio.
La Luna è stata mia consorte, mio doppio, mio simbolo, mia natura e le mie corna sono sempre state guardate come la falce lunare. Falce di morte, falce di mietitura.
Eppure era sotto il mio sguardo che la semina avveniva nel materno grembo della terra ed era a me che venivano sacrificati animali le cui ossa, gettate in campo, ero chiamato a far rinascere (qui o altrove). Falce di vita.
Protagonista di leggende e storie, di dipinti e incisioni, di sacrifici e di altari, nume di montagne e di fiumi, ancora poso lo sguardo su questo luogo dove un tempo risuonò il mio vero nome.
Laggiù nel santuario dove periodicamente scendevo su terra per incontrare il popolo umano e compiere la missione che nessuno ricorda più.
Sono stato una regina dal diadema lunare, un grande guerriero a capo del mio clan, un dio a cui è stata consacrata la terra e un mostro a cui sacrificare vite.
Oggi vivo nascosto, ma chi mi cerca, può ancora incontrarmi tra qualche piega della Storia.
Questo racconto è ispirato al dio Toro lunare che un tempo era venerato nel nostro continente europeo. Naturalmente nessuno ne conosce il nome, il culto né i riti che lo riguardassero, ma la sua presenza riecheggia tra i massi incisi del Monte Bego e della Val Camonica, tra i dedali del labirinto di Creta e la maschera del Minotauro.
E i solchi dell’aratura, vecchia di seimila anni, del santuario a cielo aperto di Saint-Martin-de-Corléans.
Una grande devozione spinse ad arare uno spazio così vasto: il fine era religioso e non di sostentamento, perché quel terreno non venne mai coltivato; alcuni solchi, e i successivi allineamenti di pozzi, pali e stele, seguono in qualche modo il movimento della Luna. È possibile che quello di Saint-Martin-de-Corléans fosse un luogo dove si celebrava la discesa della divinità lunare su terra?
L’importanza del toro, o comunque del bovide, è suggerito dalle impronte ritrovate tra i solchi dell’aratura rituale: se davvero è così, si tratterrebbe di una delle prime testimonianze dell’utilizzo di quest’animale a tale scopo (l’aratro a trazione animale è attestato per l’età del Rame e qui si sposterebbe molto più indietro la cronologia, motivo per cui il dibattito è ancora aperto).
Prendendo per buono questo dato, che fosse stato utilizzato il bovide perché animale sacro o che esso diventasse una creatura speciale per aver assolto a tale compito, non si può negare che, nell’immaginario umano dell’epoca, il toro/bovide fosse -o sarebbe diventato- un animale dal carattere sacro (cosa che, peraltro, ancora avviene in altri angoli del globo).
Una prova non è una certezza, ma di bovide si parla ancora, altrove, nel sito archeologico di Saint-Martin-de-Corléans, in particolare nelle buche di palo dove sono emersi numerosi resti carbonizzati di ossa.
E, infine, il diadema posto al collo di una delle stele antropomorfe più belle del sito (stele 3 Sud) potrebbe rappresentare tanto un crescente lunare quanto una coppia di corna bovine. La figura umana scolpita non è inequivocabilmente maschile, perciò la divinità lunare poteva appartenere tanto a un genere che all’altro. Anche se, la sua natura divina, la poneva forse oltre ogni genere, una creatura volutamente sia femminile che maschile, in grado di abbracciare tutta la complessità del creato. Complessità espressa bene dalla multiforme devozione che si respira ancora oggi in questo santuario del dio lunare Toro.
Per approfondire.
Scopri la mia visita di qualche anno fa all’area megalitica di Saint-Martin-de-Corléans.
Il sito ufficiale.
La simbologia del dio con le corna.
Se stai organizzando una gita in Valdaosta, non perderti questi luoghi: la roccia della scivolata di Bard, il cromlech dell’Alpe Graia e il santuario al dio Giove!
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