La Via delle Gallie, partita da Ivrea e giunta ad Aosta, subiva in quest’ultima città una biforcazione: dalla Porta Decumana, si attraversava la Valdigne per raggiungere l’Alpis Graia (colle del Piccolo San Bernardo), mentre dalla Porta Principalis Sinistra si saliva all’Alpis Pœnina (colle del Gran San Bernardo).
Mentre la via per l’Alpis Graia è ricostruibile solo per ipotesi in base ai pochi resti ancora visibili, altre testimonianze delle capacità tecniche romane sono presenti lungo tutta la Via delle Gallie: fra Donnas e Bard, per esempio, si possono ancora osservare archi, ponti e tagli nella roccia; ma è sulla strada per l’Alpis Pœnina che rimane un tratto, impressionante, ben visibile e di una sessantina di metri, tagliato nella roccia presso il Plan de Jupiter a ben 2.473 metri di altitudine.

Una via antica. La strada per il Summus Pœninus, il Gran San Bernardo, era nota già in epoca preistorica: il valico, in origine solo una mulattiera, permetteva il collegamento con le provincie nord-occidentali dell’Impero e fu per secoli uno dei luoghi di transito più importanti d’Europa, segnalato su antiche carte stradalie reso carrozzabile dalla seconda metà del I secolo d.C., quando l’imperatore Claudio ne fece una via strategica per la conquista militare della Britannia.
In epoca medievale il passo era sede di transito per i pellegrini diretti a Roma tramite la Via Francigena e nel 1045, per dare rifugio ai viaggiatori che passavano per il valico, Bernardo di Mentone fece edificare il celebre ospizio (dove, a partire dal XVI secolo, i canonici iniziarono ad allevare i famosi cani San Bernardo).

La vetta di Giove. Salendo da Aosta al Gran San Bernardo si può raggiungere la conca nota come Plan de Jupiter, sito archeologico dove -a partire dall’Ottocento- sono stati scoperti i resti di un tempio dedicato a Iuppiter Pœninus. L’area archeologica misura complessivamente circa 1800 mq ed è caratterizzata anche dai resti ben visibili dell’antica Via delle Gallie romana scavata nella roccia.
Da qui, sull’opposto versante delle Alpi, si raggiungeva l’insediamento celtico di Octodurus,l’attuale città di Martigny, poi capitale romana delle Alpi Pennine col nome di Forum Claudii Vallensium.
Il Plan de Jupiter era quindi luogo di un antico culto al dio delle vette: oltre ai resti dei templi, attorno a una sorta di rupe sacra sono state rinvenute numerose monete, presumibilmente degli ex-voto, e tavolette votive in bronzo, lasciate per ringraziare Giove Pennino del viaggio fortunato e/o per chiedere un ritorno sicuro.

Il dio della montagna. Ma chi era Iuppiter Pœninus? Si tratta di una divinità preromana adorata dai Salassi e dalle altre genti alpine, poi assimilata (come sempre accadeva) nel pantheon di Roma con il nome scelto dagli storiografi dell’Impero; il teonimo penninus sarebbe di origine celtica con il valore di “testa, vetta” e Iuppiter Pœninus altro non significherebbe se non Giove della vetta.
Il termine apenninus, da cui deriva il nome degli Appennini, presenta la stessa radice e possiamo ritenere che Iuppiter Apenninus sia un’analoga divinità delle montagne, venerata questa volta nel centro della penisola italica.

In precedenza il Gran San Bernardo era chiamato Mons Iovis e proprio da qui deriva la denominazione dell’ospizio fondato dal santo: Mont-Joux! La lotta portata avanti da San Bernardo contro il paganesimo fu animatamente descritta e illustrata come uno scontro diretto contro Giove e altre divinità dell’antica religione gallo-romana. La vittoria di San Bernardo, che ha infine dato il nome al valico alpino dove sorgeva il santuario di Giove Pennino, non ha però potuto togliere nulla alla bellezza all’aspro panorama, né i segni che l’umano ha scalfito in questo paesaggio, quasi lottando e cercando d’imporsi su qualcosa di più grande di sé.

Per approfondire.
Qui un breve documentario Rai sulla Via delle Gallie, per ammirare soprattutto il tratto prima di Aosta e poi la città stessa.
Un vecchio post dedicato al cromlech del Piccolo San Bernardo.
Un accenno alla grande tematica della montagna sacra.
Su Giove nel suo aspetto di dio della folgore e della quercia.