Esiste un momento agli antipodi della religiosità delle popolazioni europee in cui gli esseri sovrannaturali non sono ancora individuati come creature dall’aspetto umano, con un nome e un carattere preciso. In principio si adoravano, perché temuti e non compresi, gli agenti atmosferici: l’umano era alla mercé della natura e comprensibilmente la sua maggiore preoccupazione era non restarne vittima. In un secondo stadio evolutivo la natura viene codificata come manifestazione degli spiriti divini, una specie di doppio tangibile e terrestre della divinità: è il momento in cui alberi e animali vengono identificati con questo o quel dio. Infine, prima che acquistino sembianze totalmente umane, gli dei vengono figurati come esseri zoomorfi e tale vicinanza ad un particolare animale lo ritroveremo fino all’epoca classica, mescolata a leggende e racconti…

La capra. Tutte le divinità minori silvestri (Pan, satiri, fauni) sono concepiti in forma caprina (si pensi per esempio all’unica divinità certamente zoomorfa dei Celti, ovvero Cernunno). In ambito mediterraneo la capra è associata a Dioniso, o Bacco, personificazione della vite e dell’ebrezza, ma anche dio degli alberi in generale e quindi spirito della vegetazione. Abbiamo visto che stagionalmente la divinità legata alla vegetazione veniva uccisa perché rinascesse più vigorosa in primavera; ebbene sarebbe da spiegarsi così il sacrificio della capra a Dioniso: originariamente la capra veniva uccisa perché incarnazione del dio stesso, ma quando esso diviene antropomorfo il rito arcaico persiste come sacrificio augurale alla divinità stessa.

Il toro. Anche quest’animale rappresentava il dio Dioniso (e Frazer ha voluto vedere una sorta di conferma dell’identificazione tra la divinità greca e l’arcaico spirito della vegetazione nella frequente incarnazione taurina dello spirito del grano del Nord Europa). Sempre per collegare lo spirito della vegetazione ad un essere taurino, si pensi alla bouphonia (lett. “assassinio del bue”): sacrificio celebrato ad Atene alla fine di giugno/inizio di luglio, quando si terminava la trebbiatura. Il bue scelto per il sacrificio era quello che si era cibato delle prime sementi della stagione, prova secondo il popolo che si trattasse della personificazione stessa della divinità del grano.

Il maiale. In Grecia questo era l’animale sacro della dea Demetra (e non ci deve stupire, considerate le analogie tra la divinità greca, la Madre del grano nordeuropea e il ruolo di spirito del grano del maiale/cinghiale). Nell’iconografia sacra Demetra veniva rappresentata con un porcellino in braccio o al fianco e ad essa erano sacrificati maiali durante le sue feste chiamate Tesmoforie: si tratta di culti praticati dalle sole donne, celebrati in ottobre e che prevedevano di gettare maiali, focacce e rami di pino in alcune grotte per poi recuperarne i resti l’anno successivo e distribuirli ai contadini che, seminandoli nei campi assieme al grano, avrebbero ottenuto abbondanti raccolti. La scrofa era sacra alla dea romana Maia (da cui potrebbe aver tratto il nome sus maialis).

Sacrifici e tabù degli animali. Talvolta il legame dio-animale è da ricercarsi nei tabù alimentari: è possibile che gli animali storicamente ritenuti impuri (il maiale lo è per eccellenza) fossero un tempo ritenuti sacri e il divieto di cibarsene fosse la loro stessa natura divina. Frazer spiega sacrifici e tabù come uno slittamento del rito dell’uccisione della divinità in forma animale dopo che essa ha acquisito fattezza antropomorfe; se pensiamo alla leggenda di Adone -e abbiamo già dato spiegazione qui del fatto che si tratti di uno spirito della vegetazione- viene naturale chiedersi perché il nesso con il cinghiale sia così persistente eppure poco chiaro: alcune versioni vogliono che l’animale sia stato causa della sua morte, ma secondo altre sarebbe stato l’intervento di un cinghiale a permettere la nascita del dio. Se quindi in un tempo arcaico Adone era stato identificato proprio con il cinghiale, diventa chiaro il tabù legato all’animale stesso. Una cosa simile accade con la capra e Atena: animale anticamente sacro alla dea o sua personificazione, dedotta dalla raffigurazione della dea avvolta nell’egida (ovvero una pelle di capra), le capre non erano assolutamente ammesse al santuario della divinità se non una volta l’anno quando ne veniva sacrificata una alla creatura divina. Il fatto che questo sacrificio avvenisse una sola volta in tutto l’anno deve fare pensare si sacrificasse la capra come incarnazione della dea Atena stessa.