Il mito di Demetra e Persefone è sostanzialmente identico a quello di Afrodite/Adone (ma anche Cibele/Attis e Iside/Osiride): una dea piange la morte dell’essere amato che simboleggia la vegetazione, in particolare il grano, che muore in inverno e rinasce in primavera.
Per i Greci Demetra e Persefone sono personificazioni del grano nel duplice aspetto di semente dell’anno precedente e spighe mature dell’anno in corso. Ma si ritrovano alcune analogie tra la figura di Demetra e la Madre del grano delle tradizioni popolari del Nord Europa: in Germania si diceva che le spighe che ondeggiavano al vento quando “arrivava la Madre del grano”… si riteneva che essa facesse crescere le messi.

Il mito di Persefone. La nostra principale fonte per il materiale greco è l’inno omerico a Demetra: le figure delle due dee, madre e figlia, si trasformano in personificazioni del grano; Persefone, la dea che trascorre tre (o sei, in alcune versioni) mesi sottoterra nell’Ade è il seme che rimane nascosto nel terreno, lasciando i campi brulli e incolti, incarnazione mitica della vegetazione e specialmente del grano, che durante l’inverno resta sottoterra a lungo e risorge poi con spighe verdeggianti come da una tomba in primavera. Secondo il mito, Persefone era contesa dalla madre e dallo sposo: Zeus decretò che avrebbe trascorso due terzi dell’anno con la prima, nel mondo superiore, e un terzo con il secondo, in quello degli Inferi, dal quale sarebbe tornata ogni anno quando la terra si ricopre di fiori, cioè in primavera. Demetra appare così come simbolo del grano dell’anno precedente, che ha dato vita al nuovo raccolto, ma anche come personificazione della terra, dal cui grembo nascono il grano e tutte le altre piante (nello specifico dell’inno omerico però la dea e la Terra sono entità separate: la prima considera la seconda una nemica che ha obbedito a Zeus e compiaciuto Ade attirando la figlia in un tranello e imprigionandola negli Inferi).

Lo spirito del grano in Europa. L’idea nord europea che la Madre del grano fosse presente nei campi di grano rivestiva un ruolo importante anche nelle usanze della mietitura: la si riteneva presente nell’ultimo fascio di spighe non mietute rimaste sul campo, il quale veniva poi rivestito con abiti femminili e chiamato Madre del grano. Il fantoccio fatto di spighe veniva così conservato fino a primavera, quando i suoi chicchi erano mescolati al grano da semina, accrescendone la fecondità. Altri nomi con cui era anche conosciuto l’ultimo covone erano: Madre del raccolto, Nonna e Vecchia. In Scozia l’ultimo grano mietuto, dopo Ognissanti, veniva usato per realizzare un pupazzo chiamato Carlin o Carline, cioè la Vecchia, ma prendeva il nome di Fanciulla se la mietitura era anticipata. Se il grano veniva poi mietuto dopo il tramonto il fantoccio diventava la Strega, perché si riteneva che portasse sfortuna. In alcune zone d’Europa lo spirito del grano aveva le sembianze di una giovane ed era chiamato la Fanciulla del grano: anche qui era rappresentata dall’ultimo grano della mietitura che veniva abbigliato con vesti femminili e poi conservato nelle fattorie fino a Natale o addirittura fino alla primavera.

Da spirito a divinità. James Frazer ha voluto vedere in queste tradizioni folcloristiche europee la forma originaria del culto della divinità del grano che si è poi evoluta in Grecia con il mito di Demetra e Persefone: il prototipo di Demetra è la germanica Madre del grano, quello di Persefone è la Fanciulla del grano, il cui fantoccio viene conservato di anno in anno. “Demetra dovrebbe essere il grano maturo dell’anno in corso e Persefone il seme da esso prodotto per rinascere in primavera. La discesa di Persefone agli Inferi sarebbe quindi l’espressione mitica della semina e il suo ritorno alla superficie, in primavera, il germogliare del grano in erba”. Nella visione dei contadini europei lo spirito del grano è ora immanente, ora esterno alla pianta; è necessario un processo intellettivo di antropomorfismo per arrivare alla figura mitica di Demetra, spirito del grano a cui sono attribuite numerose caratteristiche umane: un nome, una storia (ossia il suo mito), un’iconografia e luoghi di celebrazione del suo culto per mezzo di una classe di persone incaricate (i templi e la classe sacerdotale).