C’è stato un tempo in cui l’uomo celebrava la natura attraverso una delle sue più grandi conquiste: il fuoco…. Se l’uomo primitivo non avesse imparato a manipolare il fuoco, noi non saremmo qui a parlarne. Il fuoco diede agli uomini antichi calore, cibo, protezione: in una sola parola, sopravvivenza.
Non stupisce perciò che nei momenti importanti dell’anno si accendessero dei falò, specialmente in alcuni periodi precisi.
Sui fuochi venivano solitamente bruciate delle effigi in paglia che rappresentavano lo spirito della vegetazione; in primavera si bruciava la Vecchia o la Strega (ancora una cinquantina di anni fa si riportava in un libro questa antica tradizione a Torre Pellice, puoi leggerla qui). Il fantoccio era anche identificato con la Morte che in primavera doveva cedere il posto alla forza della Natura che si risveglia dal lungo inverno.

Feste del fuoco. Una delle principali feste del fuoco di tradizione celtica cadeva il Primo Maggio ed era chiamata Beltane. Si usava allora accendere i falò sulle alture e disperdere poi le ceneri nei campi perché fecondassero la terra e portassero raccolti abbondanti. Un altro periodo particolare dell’anno era quello di Mezz’estate: tradizionalmente il 23 giugno giorno del solstizio, che la tradizione cristiana ha poi fatto scivolare al 24 con le grandi feste per il Santo Giovanni. L’altra grande festa celtica in cui il fuoco era centrale cadeva il 31 ottobre, notte di Samhain (diventata oggi la notte di Halloween) in cui le anime dei morti tornavano alle vecchie dimore per scaldarsi e mangiare piatti appositamente preparati. Il 1° novembre era di fatto il Capodanno celtico e venne assimilato alla festività cattolica di Ognissanti, mentre il riferimento all’aldilà si è mantenuto nel giorno dei morti, il 2 novembre nel calendario odierno.

Il giorno di Yule. Il 1° maggio ed il 1° novembre erano le principali feste dei Celti poiché segnavano le date d’importanza primaria per il pastore e le greggi. Per il contadino erano invece più importanti le date legate alla stagionalità della natura come i solstizi.
L’antica festa del fuoco al solstizio d’inverno celebrava la natività del Sole che si credeva nascesse nel giorno più breve dell’anno e che è diventata il nostro Natale (giorno stabilito dalla Chiesa per la nascita del Cristo).
Non troppo tempo fa il rito principale di questo giorno di festa chiamato Yule consisteva nel bruciare il ceppo natalizio nel camino, forse un ricordo di qualche antica cerimonia che prevedeva l’accensione di un fuoco sacro in casa.

Luce creatrice, fuoco purificatore. Il fuoco rappresentava perciò per i nostri avi sia la luce solare, forza creatrice che permette alla vegetazione di crescere, sia forza distruttiva che brucia ogni elemento negativo.
Yule è una celebrazione della luce, quindi perché non riportarla anche noi in casa, date le molte ore di buio? Ecco perché un altro dei simboli di Natale sono le candele accese: rappresentano l’attesa, la famiglia (ricordo della Natività e del bambin Gesù) e la gioia delle feste che, abbiamo visto, come fuoco da sempre accompagna i momenti importanti della vita di Homo sapiens.

Questo articolo non è interamente inedito, ma è già apparso su valdesina.it in occasione del Natale 2018.