Parlare del Natale, ma più in generale dell’inverno, equivale a parlare anche del freddo. E in verità, per quanto siamo tutti consapevoli che la capacità di manipolare il fuoco è una delle cose che fa di noi degli Homo sapiens procurandoci calore, cibo, protezione (in una sola parola, sopravvivenza) non possiamo davvero dire di comprendere fino in fondo la questione.
Il fuoco rappresentava per i nostri avi sia la luce solare, forza creatrice che permette alla vegetazione di crescere, sia una forza distruttiva in grado di bruciare ogni elemento negativo (ed è per questo che, nei momenti importanti dell’anno, si accendevano i falò).
Il giorno di Yule coincide, nella tradizione nordica, con quello del solstizio invernale e, più si va a nord, più è evidente come la presenza del sole facesse la differenza tra la vita e la morte: l’antica festa del fuoco al solstizio d’inverno celebrava la natività del Sole e si credeva che nel giorno più breve dell’anno esso morisse e rinascesse (proprio questo avvenimento ha fatto sì che tale giorno venisse poi fatto coincidere dalla Chiesa alla nascita del Cristo).
Il solstizio d’inverno di solito cade attorno al 21 dicembre -a meno di non trovarsi nell’emisfero meridionale dove cade a giugno!- ma non è sempre precisamente la stessa data… nonostante ciò, il viaggio di ritorno del sole è stato visto in molte tradizioni come un momento da celebrare (Diwali, Hannukkah, Kwanzaa, Natale sono tutte cerimonie in onore della luce).
Le molte ore di buio di questi giorni sono un altro elemento che tendiamo a sottovalutare, da quando disponiamo della luce elettrica, ma ci fa riflettere su un altro dei simboli di Natale: le candele accese rappresentano l’attesa, la famiglia (ricordo della Natività e del bambin Gesù) e la gioia delle feste; assieme al fuoco che, da sempre, accompagna i momenti importanti dell’umanità.

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