Animale principe dell’autunno il cervo è stato lungamente venerato nella preistoria alpina, prova ne sono le numerosissime incisioni rupestri che lo vedono protagonista in Val Camonica, vallata che si estende in parte sulla provincia di Bergamo e in parte su quella di Brescia. Patrimonio dell’umanità da diversi anni, questa valle non è solo la culla della cosiddetta civiltà camuna ma ha dato anche i natali al dio cervo più celebre d’Europa, Cernunno (il cui nome, pensa un po’, significa proprio “colui che porta le corna”)!

Quello più noto. Il Cernunno più famoso è quello che compare a rilievo sul Calderone di Gundestrup, datato al II secolo d.C. e rinvenuto nel 1891 in una torbiera nello Jutland (Danimarca), raffigurato assieme ad altre divinità celtiche. Conosciamo invece il suo nome grazie a un’iscrizione apposta sul Pilastro dei Nautes (Parigi) accanto alla figura umana con corna di cervo.
Il ruolo di Cernunno era probabilmente quello di divinità delle foreste e signore degli animali: l’immagine danese lo rappresenta circondato da vari animali selvatici, nella mano destra un torque, tipico collare celtico in metallo (ne indossa pure uno intorno al collo) e simbolo di autorità. Nell’altra mano, un serpente ibrido con corna di ariete, attributo proprio di questo personaggio, che potrebbe connetterlo alla dimensione sotterranea (serpente) e, contemporaneamente, essere fonte di prosperità e di fertilità (ariete). Le corna di cervo rappresenterebbero la forza combattiva e la potenza sessuale dell’animale simbolo, quindi, del ciclo stagionale morte-rinascita della Natura: i palchi stessi seguono questo rinnovamento annuale cadendo in primavera e ricrescendo durante l’estate.

Cernunno. Come accade per molte altre incisioni, la miglior condizione per osservarle sarebbe con luce molto laterale (alba e tramonto) e non a picco come avviene in pieno giorno; è possibile che l’osservazione avvenisse di notte, quando la luce delle fiaccole animava letteralmente i personaggi istoriati.

Signore d’autunno e maschera carnevalesca. Ecco perché il cervo è il simbolo del mutamento delle stagioni: alla fine dell’inverno, intorno a febbraio, al cervo cadono i palchi; essendo questo anche il periodo tradizionalmente legato al Carnevale, non stupisce che ne sia anche diventato una maschera. I riti per la caduta delle corna del cervo risalirebbero a una remota antichità, quando l’Europa era ancora popolata da cacciatori, e quindi confluiti nel repertorio celtico, con il dio Cernunno dal capo ornato da imponenti palchi (documenti medioevali parlano spesso del cervulus, i mascheramenti da cervo, alle Calende di Gennaio, di cui oggi restano la tradizione dell’Uomo-Cervo Gl’Cierv di Castelnuovo Volturno o la Horn Dance di Abbots Bromley, in Inghilterra).
Nella tradizione celtica i Signori degli animali erano preposti alla cura degli animali selvatici, così come il pastore lo era delle proprie mandrie: se a capo degli animali domestici era un toro possente, gli animali selvatici in gruppo erano guidati da un grande cervo maschio, emblema di potere generativo e di forza in generale. Erede di questo dio dei boschi sarebbe Herne il cacciatore, figura folclorica che d’inverno, sulla mezzanotte, si aggira intorno alla quercia a cui s’impiccò e, perciò, da allora costretto a vagare nella foresta in forma di spirito con due enormi corna di cervo sul capo.

La roccia di Cernunno (il colore molto chiaro della pietra è dovuto all’azione di pulizia necessaria a studiare le incisioni).

Ma torniamo in Val Camonica. Una roccia del parco di Naquane (Valle Camonica, Brescia) ospita quella che sembra essere la più antica immagine di Cernunno: il dio, vestito di una lunga tunica, è raffigurato in piedi e sul capo ha corna di cervo, nella mano destra impugna un coltello e sullo stesso braccio porta un’armilla, sorta di bracciale d’oro. Una barchetta, a lungo considerata come serpente e solo recentemente interpretata come barca, a testa d’uccello acquatico e collo di serpente -forse un airone o un cigno- fuoriesce dal suo busto. Gli sta accanto personaggio in atteggiamento da orante.
L’interpretazione non è del tutto certa: la sua identità è confermata dal confronto con immagini provenienti dal mondo celtico (i già citati Pilier des Nautes e il calderone di Gunderstrup, ma anche sulle lamine di Waldalgesheim -Germania- e su alcune stele irlandesi; in queste raffigurazioni, più tarde di quella camuna, Cernunno presenta la testa sormontata da palco cervino, è seduto a gambe incrociate, impugna torques, un tipo di collare celtico, e spesso è associato a serpenti e animali feroci).
L’accuratezza di particolari e il gigantismo della figura, così come la presenza della barchetta, restituiscono agli studiosi le caratteristiche di uno stile dell’età del Ferro, in particolare tra la seconda metà e la fine del VI sec aC: ciò lo rende il Cernunno conosciuto più antico in ambito europeo! I Celti avrebbero adottato il suo culto, inserendolo nel pantheon delle loro divinità, grazie all’incontro con le popolazioni alpine, in questo caso i Camuni, che ritenevano il cervo -di cui Cernunnos è il simbolo totemico- un animale speciale, tra i più cacciati e raffigurati sulle rocce del territorio.

Calco dell’incisione di Cernunno fotografata a Naquane.

Per saperne di più.
Un vecchissimo post dedicato proprio a Cernunno.
E un altro sul cervo, animale autunnale per eccellenza.
Un altro serpente – o forse barca, inciso in Val d’Aosta.
Il Dio con le corna, antica divinità europea.
Il sito del Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane.
Un bel documentario Rai dedicato alle incisioni della Valle Camonica.