Il cervo è uno degli animali più importanti del bestiario celtico dell’Età del Ferro ed ha un significato simbolico riscontrabile anche nei testi mitologici: i suoi tratti più evidenti sono da collegarsi alla regalità e alla nobiltà in generale… dopotutto la sua caccia era appannaggio dei ceti più elevati, ma proprio un dato venatorio ci indica la strada per una lettura più approfondita. La caccia al cervo era infatti proibita durante la bella stagione, ovvero la primavera, perché era ritenuto indegno cacciarlo quando era nudo dei suoi palchi, incapace di difendersi. Questo animale, celebre per le sue corna ramificate, è soggetto alla loro caduta periodica al ritorno del caldo, mentre è al culmine della forma in autunno: proprio per questo rappresenta anche e soprattutto il tempo ciclico, la longevità e la rinascita sul fare della stagione fredda.

Il dio dalle corna di cervo. Come l’orso era doppio della dea greca Artemide, il cervo lo è della divinità celtica Cernunno, connesso alla fertilità e alla terra, e raffigurato come un antropomorfo cornuto e/o accompagnato da un cervide. In effetti il cervo riveste un ruolo di annunciatore della stagione scura che nel calendario celtico vede l’inizio con la festa di Samhain tra il 31ottobre e il 1° novembre (divenuta oggi Halloween). Non stupisce che questo momento dell’anno fosse collegato al cervo: proprio ora i suoi palchi sono al massimo della crescita e il bosco è frastornato dai bramiti della stagione degli amori; c’è chi ipotizza che questo sarebbe anche stato il periodo in cui i cervi venivano sacrificati, un po’ come abbiamo visto essere immolati il serpente e l’orso sul fare della stagione a loro attribuita, l’inizio della primavera. Come un re momentaneamente detronizzato, il cervo perde tutto il suo vigore e la sua magnificenza con la fine del freddo, quando perde le corna.

Diventare cervo. Tornando all’ambito mitologico greco, così come alcune trasformazioni si legano in maniera inscindibile a certi personaggi (tra quelli citati, per esempio, Callisto in orsa o Aracne in ragno), non possiamo non menzionare il giovane Atteone che, nella celebre leggenda, aveva scorto Artemide nuda, mentre faceva il bagno in una pozza d’acqua assieme al suo corteo di ninfe. Per la rabbia la dea schizzò d’acqua il ragazzo che si tramutò immediatamente in cervo… Sfuggito alla sua muta di cani addestrati a inseguire proprio quel tipo di selvaggina, Atteone capì solo quando potè vedere la sua immagine riflessa nell’acqua la sorte che gli era capitata, poco prima di essere sbranato dai suoi segugi. Secondo altre versioni del mito, la colpa del giovane non sarebbe stata la sua indiscrezione, bensì un moto di presunzione che l’avrebbe portato a vantarsi delle sue capacità venatorie, superiori -secondo lui- a quella della dea della caccia stessa. Questo topos verrà ripreso in un altro celebre mito, legando a doppia mandata Artemide e il tema dell’arroganza punita con una metamorfosi in cervo (quindi anche connessione marcata tra la dea e l’animale) come vedremo più avanti.

Diventare cerva. Se tutto il simbolismo del cervo si concentra nei palchi, che ci dice invece la storia della sua controparte femminile? I bestiari medievali riportano la curiosa abitudine secondo cui la cerva partorirebbe in prossimità dei sentieri del bosco, temendo più gli animali feroci dell’uomo e garantendosi così una sorta di protezione data dalla presenza umana. Per gli antichi la cerva era quindi un animale materno che ha a cuore la prole, meno selvatico dell’orsa, ma che con quest’ultima condivide una piccola grande caratteristica: è animale di Artemide, come si evince pure dal mito di Ifigenia. Il padre della ragazza Agamennone, il celebre re protagonista della guerra di Troia, dopo aver ucciso una cerva si vantò di essere un cacciatore più abile della dea stessa (che naturalmente non impiegò molto per punirne l’insolenza). La flotta degli Achei era quindi impossibilitata a salpare per Troia a causa del maltempo scatenato da Artemide la quale pose una condizione perché la sua ira venisse placata: che Agamennone sacrificasse alla dea la figlia. La dea provvederà poi a salvare Ifigenia facendo apparire al suo posto una cerva (secondo altre versioni un’orsa) e rendendola poi una sua sacerdotessa… Ecco spiegato anche il motivo per cui spesso nell’iconografia la dea è accompagnata da una cerva (forse Taigete, la ninfa che ella trasformò momentaneamente in cerbiatta per sfuggire a Zeus? O l’inafferrabile cerva di Cerinea, animale sacro alla dea e protagonista della terza fatica di Eracle? Oppure ancora, una delle cerve che tirano il suo cocchio?); il significato dell’animale è esattamente lo stesso che avevamo già esaminato per l’orsa e le ninfe, si tratta cioè di creature al limite del mondo civilizzato con quello selvaggio, che possono essere accompagnate solo da Artemide, la dea che sta tra la Natura e la Cultura.