So che anche quest’anno aspettavate con impazienza (…) il mio post a tema sirenico per Mermay. E chi sono io per deludervi? La verità è che, ogni volta che riprendo in mano del materiale su questo argomento, trovo nuovi temi e suggestioni da approfondire.
In questo periodo di grandissime polemiche sul patrimonio artistico nostrano ho scelto come vedette dell’articolo alcune creature (pur sempre nate dal mare come la chiacchieratissima Venere botticelliana), ma -non capisco perché- piuttosto snobbate dal grande pubblico: sì, parlo delle tre celebri Sirene del Meridione italiano, Partenope, Leucosia e Ligeia.

La dicotomia continua. Quando si affronta uno studio sui più antichi materiali riguardanti le sirene, dobbiamo differenziare le fonti letterarie da quelle visive, ovvero vasi e stele funerarie da poemi e scritti vari.
Iconograficamente le sirene appaiono con due funzioni: una, più antica, riguarda le sirene decorative, d’ispirazione orientale e con una funzione prettamente estetica; in un secondo tempo, sembra che gli artisti greci abbiano iniziato a utilizzare questa forma per raffigurare le Sirene della mitologia greca (ricordiamo che le più famose, quelle dell’Odissea, non sono mai state descritte da Omero).
Qui si pone una questione e pure bella grossa… chi decide che aspetto hanno le Sirene? Gli artisti o i letterati? Che per estensione diventa pure un dubbio diverso: l’aspetto fisico era (per forza) più importante per coloro che dovevano raffigurare la sirena, mentre chi le descriveva a parole poneva l’accento sulla potenza del canto. La forma (= il corpo) è più importante per certi artisti (quelli visivi)? Per contro, la leggenda della mortalità della sirena diventa un topos della sola categoria dei letterati: sono loro a introdurre il tema della sirena, il cui canto vinto, diventa motivo di onta e motivo del suicidio d’onore in mare (katapontismós).

Creature da paura. Per chi le doveva raffigurare (soprassediamo un attimo se in forma di uccello o di pesce) era facile attingere anche alla funzione delle sirene funebri: in quanto esseri liminari e ibridi, il rapporto che queste intrattengono con il mondo degli inferi, è quanto meno stretto. Come figlie di creature marine, e per questo primordiali, diventano quasi entità mediane tra il mare stesso e il fiume (che poi, altro non è se non la personificazione di un’altra divinità delle acque): creature della spiaggia e di quel confine acquatico tra il mondo salmastro e quello terreno, come metafora di quello immortale e mortale. Le stesse dimore delle sirene, quando se ne fa menzione, sono degli isolotti ricoperti di ossa delle loro vittime (attirate con l’ingannevole canto che fa perdere coscienza di sé), le Seirenoussai, rocce delle sirene. Questo stretto legame con determinati luoghi evidenza inoltre la funzione eziologica della sirena: esistono posti la cui origine è spiegata con la morte di una sirena.

Partenope, Leucosia e Ligeia. Questi luoghi si trovano tutti nel Mediterraneo e, in particolare, tra la penisola sorrentina e la Sicilia: le (poche) fonti che parlano nello specifico di queste sirene sono tra loro coerenti e possono essere riassunte nelle parole di Licofrone:
“Lì gli abitanti costruiranno una tomba per la fanciulla e con libagioni e sacrificio di buoi onoreranno ogni anno la dea uccello Partenope. E Leucosia sarà gettata sulla sporgente spiaggia di Enipeo e lungamente perseguiterà la roccia che porta il suo nome, dove l’Is rapido e la vicina Laris versano le loro acque. E Ligeia verrà a terra a Tereina sputando l’onda. E i marinai la seppelliranno sulla spiaggia pietrosa vicino ai vortici dell’Ocinaro; e un Ares dalle corna di bue laverà la sua tomba con i suoi ruscelli, purificando con le sue acque le fondamenta di colei i cui figli furono trasformati in uccelli. E lì un giorno in onore della prima dea della sorellanza il sovrano di tutta la marina di Mopsops organizzerà per i suoi marinai una corsa di fiaccole, in obbedienza a un oracolo, che un giorno il popolo dei Napoletani celebrerà, anche loro che dimoreranno su rupi scoscese accanto al rifugio riparato di Miseno non turbato dalle onde.”
Viene qui descritto l’esito dello scontro tra Ulisse e le Sirene che, sconfitte, fondano città morendo: Partenope dà i natali a Napoli, Leucosia e Ligea sono legate rispettivamente a un isolotto nei pressi di Paestum e una cittadina sulla costa calabrese. Le sirene, dopo aver perso la sfida con Ulisse, si sarebbero lanciate contro le onde, uccidendosi, e i loro corpi sarebbero stati trasportati ad ovest, verso l’attuale Italia… quello di Partenope si sarebbe, ad esempio, spiaggiato dove in seguito sorgerà Castel dell’Ovo e lì gli abitanti avrebbero eretto un tumulo per accogliere lo straordinario cadavere; in seguito avrebbero gettato le fondamenta della città (ancor oggi celebre per il canto). Il culto di Partenope a Napoli e la corsa di torce in suo onore vennero effettivamente istituiti dallo stratego ateniese Diotimo, nel 439 o 438 a.C., e da allora in poi eseguiti ogni anno dagli abitanti locali.

Per approfondire.
Il primissimo post dedicato all’argomento, il mese delle sirene.
Un affondo sulla questione del corpo della sirena.
Il contributo dello scorso anno per Mermay.
Come tutto è iniziato, con Madamin Mélusine e Leonora Camusso.
Una diretta Instagram sulle sirene (che non fa mai male).