All’imbocco della Val Pellice, in una zona di pianura, si erge improvvisamente, con 162 metri d’altezza, la Rocca di Cavour: geologicamente parlando si tratta di un inselberg o monadnock, cioè la punta granitica di una montagna ormai coperta da sedimenti alluvionali, provenienti in questo caso dai torrenti Bracco e Pellice, appunto.
Sembra spuntare dal nulla e questo non poteva passare inosservato agli antichi: è oggetto di alcune leggende delle Valli Valdesi (Le fate del Pra, La gerla del diavolo) e, soprattutto, è frequentata sin dal IV millennio a.C. (uno dei più antichi siti del Piemonte occidentale). La presenza umana in loco è accertata già per il Neolitico Medio e, tra le varie testimonianze archeologiche, si segnalano sul versante est della rocca eccezionali pitture rupestri, uniche nelle Alpi, perché policrome -realizzate con pigmenti rossi e blu/neri- raffiguranti motivi alberiformi, antropomorfi e segni geometrici.
Ma noi oggi ci soffermeremo alle pendici del rilievo, dove si trova una roccia con su inciso un cerchio tondeggiante di circa un metro dotato di una grossa coppella proprio al centro.

Pietra fertile? L’immagine che il masso restituisce è evidentemente un addome con un ombelico, tant’è che l’incisione è nota da sempre come Pansa d’la Roca, cioè pancia della Rocca e, anche se la sua storia rimane del tutto misteriosa e senza evidenze scientifiche, in molti la ritengono una sorta di monumento megalitico collegato a riti della fertilità e, forse, al culto del sole: è possibile che anticamente le donne strofinassero il ventre sulla pietra, per trasferire il potere fecondante della terra al proprio corpo e favorire il concepimento. Sono d’altronde attestati in storia delle religioni esempi di sassi fecondanti grazie proprio alla loro forma, detti ‘donna gravida’ o ‘donna di sasso’. Ancora oggi in varie zone del continente europeo ci si può imbattere in rocce, o nelle leggende che li riguardano, oggetto di pratiche di fecondazione per contatto come la frizione, come verosimilmente sarebbe il caso della Rocca di Cavour, oppure come scivolata (le donne scivolano cioè lungo una pietra consacrata per catturarne l’energia). Laddove le donne praticavano la scivolata si pensa che ila roccia potesse anche essere una sorta di sedili per il parto ed è curioso come: “In Atene le donne gravide andavano sulla collina delle ninfe e scivolavano sulla roccia invocando Apollo, per ottenere un parto felice. Questo un buon esempio del cambiamento di significato di un rito: la pietra della fecondazione diventa pietra del parto”*.

La Pansa d’la Roca (Rocca di Cavour, Torino)

Inequivocabile pancia. Sono numerosi i megaliti che, in Europa, tradizionalmente favoriscono i primi passi dei bambini e/o ne assicurano la buona salute e di solito è previsto che i neonati vengano fatti passare attraverso il foro della roccia: un rito che ricreerebbe una seconda nascita collegata alla sacralità della pietra e del sole (il cerchio con punto centrale ne è il simbolo). A questo proposito, uno degli appunti che vengono spesso fatti quando si parla della Pansa è il sospetto che possa trattarsi di una pietra abbozzata per la realizzazione di una macina, ma osservandola dal vivo è evidente che non sia così. La pancia è lì dove qualcuno voleva che stesse (o forse pensava dovesse esattamente stare!). Scrive Mircea Eliade: “Le pietre cultuali sono segni ed esprimono sempre una realtà trascendente. Dalla semplice ierofania elementare rappresentata da certe pietre e da certe rocce – che colpiscono lo spirito umano con la loro solidità, durezza e maestà – fino al simbolismo onfalico o meteorico, le pietre cultuali non cessano mai di significare qualche cosa che va oltre l’uomo”.
L’immagine del grembo tondo suggerisce un affascinante parallelo con le dee gravide raffigurate dalle statuette neolitiche note come Veneri preistoriche e interessante è notare l’enfasi posta sulla rotondità quale simbolo di pregnanza e crescita, ma anche più genericamente di nutrimento, ricchezza e attributo del divino.

Omphalos. Dunque, la Pansa è inequivocabilmente un ventre con il suo ombelico e la sua sacralità è data dalla forma stessa del masso, che è simbolo del sacro (una forma anomala indica a sua volta la presenza del sovrannaturale). Omphalos è un termine greco che ha, in storia delle religioni, un ulteriore valore: è il Centro del Mondo, ovvero il punto di congiunzione fra le tre zone cosmiche del cielo, della terra e del sottosuolo. Il Centro è una zona sacra e, di conseguenza, l’oggetto che viene a incarnarlo risulta anch’esso sacro, come ad esempio lo sono la Montagna e l’Albero cosmici; inoltre i simboli del Centro –omphaloi, alberi, montagne- permettono d’introdurre il sovrannaturale nella dimensione profana (concetto accostabile al mundus romano, che non era soltanto soglia degli inferi, ma luogo dove si stabiliva la comunicazione tra il mondo dei morti e degli dei sotterranei: un anello di congiunzione fra i vari piani cosmici che poteva trovarsi unicamente in un ‘centro’).
Non ci sono prove che la Pansa d’la Roca sia l’ombelico di una divinità femminile, ma l’ipotesi suggestiva è che, esattamente come per altri rilievi sacri, la Rocca di Cavour potesse essere l’incarnazione della dea della terra che in quel punto preciso si andava ad unire al dio del cielo e del temporale.

* M. Eliade, Trattato di storia delle religioni.

Veduta della Rocca di Cavour da Angrogna (Val Pellice, Torino).

L’ora di religione #21: le pietre sacre