La Giubiana, o Festa della Giobia, è una celebrazione popolare tipica delle pianure del Piemonte e della Lombardia in cui si brucia sul rogo il fantoccio in paglia di una vecchia (che simboleggia l’anno appena finito). La festa si svolge sempre l’ultimo giovedì di gennaio e si chiude con una cena a base di risotto o polenta con salsiccia locale (luganega), e vin brulé. Scopriamo di più su questo personaggio che ha molti punti in comune con le sue colleghe piemontesi (e non).

La strega del giovedì. L’ultimo giovedì del mese di gennaio si accendono roghi e falò nelle piazze della Padana occidentale e si brucia la Giubiana, un grande pupazzo di paglia vestito di stracci, oppure di nero, con le calze rosse. La festa assume forme differenti di località in località, in base alle tradizioni popolari del luogo (es. aspetto del fantoccio, presenza di un corteo, versione della leggenda), così come il suo nome cambia a seconda delle zone: Giobia o Giobbia in Piemonte, altrove è la Gi(b)biana/Gio(b)biana/Giu(b)biana, Zobia/Zobiana…
Secondo alcuni, la Giubiana sarebbe una personificazione popolare della dea Giunone (in quanto moglie di Giove/Jovis/Iovis, era anche Joviana). Altri la ricollegano direttamente a Giove e al giorno a egli ascritto, il giovedì (in piemontese, infatti, giobbia significa proprio “giovedì”).

La Vecchia europea. L’ultimo giovedì di gennaio corrisponde infatti alla notte della Giubiana e c’è chi vede in lei, e nella storpiatura Giubigiana/Gibiana, la dea Diana: in tutta l’Europa continentale la credenza pagana in figure femminili collegate al solstizio d’inverno, seppur con diverse sfumature, resisteva dai tempi precristiani e gli inquisitori fecero spesso riferimento a questa dea; nel processo di abbattimento dell’idolatria, la Diana portatrice di fertilità (il cui culto notturno non accennava a venir meno nelle campagne) venne mutata letteralmente in strega, appiccicandole tutti i connotati negativi delle varie figure folcloriche del resto dell’Europa, come il carattere terribile di Perchta e Holda, condottiere della Caccia selvaggia. Nel nostro caso, però, la fine sul rogo della Giubiana non è da collegarsi all’inquisizione religiosa, ma alla sua funzione ricreatrice: come rappresentante della Natura, la vecchia stagione viene bruciata perché rinasca più forte di prima e -infatti- di lì a poco la primavera torna a farsi sentire in tutta la sua dolcezza.

La storia del personaggio. La Gibiana è una strega magra e dalle lunghissime gambe (e ha sempre le calze rosse!): questo le permette di vivere nel bosco senza mettere mai piede a terra, spostandosi di albero in albero. Ama la solitudine e spaventare la gente… e soprattutto i bambini. Proprio durante l’ultimo giovedì di gennaio si avvicina agli abitati per rubare un piccolo e mangiarselo. I parallelismi con le Masche del folclore piemontese si sprecano: anch’esse rapiscono i bambini, sono identificate con i rapaci notturni (vivono di notte sugli alberi) e tra le accuse mosse agli eretici valdesi -che con le streghe piemontesi vanno decisamente a braccetto- c’era spessissimo quella di cibarsi di neonati (o meglio del loro grasso, da cui si otteneva l’unguento che permetteva di recarsi volando ai sabba). Un’altra similitudine con le streghe sta nel metodo per contrastare la Gibiana, ricorrendo a una bambola debitamente riempita di coltelli e forbici e posta nel letto dei bambini: nella sua ferocia la strega afferra e ingoia la bambola, credendola un infante, e i ben prevedibili effetti non sono in realtà distanti da quelli che si volevano ottenere con le witch bottles (di cui non avrei mai saputo nulla senza la preziosa Lucia aka Una penna spuntata, compagna dell’avventura storico-pupazzosa delle Masche); queste bottigliette contenevano oggetti pericolosi -e talvolta pure un po’ schifosi- che avrebbero colpito la strega eventualmente colpevole di fattura ai danni di chi aveva preparato la boccetta.
Secondo la versione moderna, e decisamente meno cruenta, la Giubiana sarebbe facilmente neutralizzabile grazie a una bella pentola di risotto allo zafferano e luganega messa sulla finestra: la quantità di quel delizioso cibo, e il tempo necessario a finirlo tutto, distrarrebbero la strega dall’avvenimento per lei più fatale, il sorgere del sole che non le lascerebbe scampo.

Quale che sia la vera origine della Giobbia o Giubiana, io stasera non penso rinuncerò a un bel piatto di risotto (ancora non so se con salsiccia o solo zafferano!). Ma non cucinerò questa prelibatezza per catturare e annientare la strega, bensì mangerò alla sua memoria celebrando la Natura che, dalle ceneri del fantoccio disperse al suolo, rinasce su terra con quella forza inarrestabile che si chiama Vita.

Per approfondire.
La tradizione di bruciare la Vecchia alla fine dell’inverno.
Una (probabile) versione più celebre e diffusa, la Befana.
Tutte le altre figure femminili legate all’inverno.
Sulle Masche piemontesi (e sulla collaborazione con Lucia!).