Le Menadi, conosciute anche come Baccanti, erano sacerdotesse del culto di Dioniso che, vestite di pelli e incoronate di edera, agitando il tirso (lancia ricoperta d’edera, forse con una pigna in punta) in mano, secondo la leggenda abbandonarono figli e mariti per salire ai monti e celebrare il loro dio*.
C’è chi ritiene che si trattasse di riti misterici a cadenza periodica nei quali le donne riacquistavano momentaneamente la libertà di cui avevano goduto prima dell’avvento del patriarcato, quando erano state relegate nei ginecei greci (= corpi e capelli coperti da abiti e impossibilitate a uscire).
L’immagine classica che ci viene restituita delle Menadi è quella di donne invasate, tra le braccia di lussuriosi satiri e in preda a un furore che fa loro attaccare gli umani e squartare a mani nude le bestie (per poi cibarsi della loro carne cruda, cosa che faceva orrore agli uomini della polis)…
Ma cosa c’è di vero in tutto ciò?

Scuotendo alto il tirso, il capo cinto d’edera. Molti dei temi pulp legati alle Menadi ci giungono dalla tragedia “Le baccanti” di Euripide, in cui Dioniso appare come un dio crudele che si serve della follia femminile per rivendicare la sua natura divina: le donne possiedono una forza inaudita, attaccano villaggi, squartano uomini e animali vivi… e si fatica leggermente a credere che fosse davvero così. Vi erano anche delle parentesi meno cruente, quando per opera loro si compivano veri e propri i miracoli… fonti di acqua, di vino e di miele che sgorgavano. Emarginate dalla vita delle città, queste donne si calavano momentaneamente in un altro tipo di comunità, selvaggia e senza regole, e proprio da qui trarrebbe origine il culto mistico noto come menadismo.
Gli storici sono concordi nel ritenere che l’invasamento delle Menadi avvenisse per mezzo di una bevanda, ma purtroppo mancano degli studi sulla natura di essa. Stando al mito, si sarebbe trattato di vino corretto con l’edera; secondo alcuni il furore dionisiaco era invece procurato dalla masticazione delle foglie di edera, i cui effetti allucinogeni sono ben noti, mentre il vino sarebbe stato introdotto solo in un secondo momento nel rituale (quando alla figura originale di Dioniso si andrà ad accostare quella del dio del vino).
In effetti entrambe le piante, l’edera e la vite, sono ambigue, “sono e non sono alberi” per usare le parole di Jacques Brosse: dotate di un tronco ligneo, hanno comunque bisogno di un supporto per crescere e per questo motivo avviluppano gli alberi circostanti usandoli come sostegno. Se all’apparenza possono essere anche molto simili, una particolarità le differenzia e contrappone: così come la vite ama il sole e prospera d’estate, tanto l’edera ricerca l’ombra e fruttifica d’inverno quando l’altra sembra morta, in un ciclo vegetativo opposto.

E con serpenti […] intrecciano ora le chiome le Menadi. Non ci sono però grossi dubbi sulla similitudine tra Dioniso e l’edera, essendo egli stesso noto anche con l’epiteto Kissós (“edera”): questa pianta dall’aspetto di serpente lo aveva in effetti salvato quando Zeus aveva incenerito sua madre Semele, intrecciandosi attorno al neonato e proteggendolo dalle fiamme del divino padre (serpente era anche la forma assunta da Zeus per concepire lo stesso, secondo altre versioni, con Persefone).
L’edera, che effettivamente cresce a spirale e ama l’ombra, ha sembianza di serpente: rappresenta l’aspetto ctonio di Dioniso, concepito da Zeus-serpente con la regina degli Inferi, e compare come ornamento nella capigliatura delle Menadi (le quali, forse, se ne cibavano pure).
Zeus ci conduce direttamente anche al legame quercia-edera, presente in qualche traccia delle mitologie europee: per Lituani e Germani l’edera era simbolo del dio del tuono (Perkunas e Donar/Thor), mentre nella stessa leggenda di Dioniso è l’edera a salvarlo bambino dal fulmine di Zeus, dio della quercia. Ne consegue che, parlando per immagini, l’unione tra il fulmine (Zeus) e la terra (Semele) diede vita all’edera (Dioniso Kissós).
La tradizione voleva che i sarmenti d’edera servissero a dissipare i vapori del vino (ulteriore collegamento tra i due alberi)… certamente l’edera aveva la capacità di rendere sterili le donne e le Menadi avrebbero usufruito di tale proprietà durante i loro deliri orgiastici; soprattutto ne sfruttavano il potere allucinogeno. Se non si conosce la composizione del filtro -forse, essendo dei rituali misterici, non si è mai conosciuta- delle Menadi, il principio attivo (che causava allucinazioni, deliri, visioni) era quasi certamente l’edera -che viene annoverata tra i principali ingredienti dei filtri d’amore delle streghe medievali, compreso l’unguento per volare al sabba- mischiata a idromele o vino.
Attenzione però. Il delirio causato dalla bevanda dionisiaca non ha nulla a che vedere con l’ebbrezza del vino: analogamente a quanto avviene per nettare e idromele (il primo bevanda degli dei e il secondo succo che gli dei hanno concesso agli uomini), è possibile che della bevanda dionisiaca ci sia rimasta solo la sua versione profana, il vino, facendo collimare Dioniso e Bacco (ecco perché le Menadi sono note anche come Baccanti).
Il filtro dionisiaco permetteva alle Menadi di uscire di sé e di ottenere un fugace dono oracolare in cui l’invisibile e l’avvenire si mostravano ai loro occhi (per questo motivo l’edera era assolutamente proibita al sacerdote romano di Giove, il Flamen Dialis); scrive Brosse: “Secondo le Menadi possedute dal dio, il presente conteneva tutto il passato e tutto l’avvenire. Esse erano risalite allo stato indifferenziato che precede qualsiasi incarnazione, qualsiasi individualizzazione, a quello stato conseguito mediante l’assunzione di droghe degli iniziati di ogni civiltà, soprattutto nei popoli rimasti al di fuori della civiltà per eccellenza -la nostra- che li vieta”.

In cerchio danzando, […] in un unico canto, la dolce promessa del tuo eterno rinascere.
Il mondo egeo preellenico conosceva quasi certamente un culto dell’albero e centro della religione era la coppia Terra madre – dio della vegetazione (per esempio Rea, dea della quercia, e Zeus adolescente e paredro). La dendrolatria, termine tecnico per culto degli alberi, prevede un dio della vegetazione che nasce e muore nel corso delle stagioni accanto alla dea Madre; i rituali erano forse riservati a sole sacerdotesse e prevedevano innaffiature magiche, atte a stimolare la pioggia, e probabili danze estatiche con il potere di accrescere le piante (la danza ricrea il ritmo dell’universo mettendo in comunione i partecipanti).
La dendrolatria è la più antica forma di culto attestata (l’attività di raccolta è precedente alla caccia, quindi le divinità arboree sono di conseguenza più vecchie di quelle animali)… Creta era considerata dai Greci una selvaggia terra di maghi, anticamente ricoperta di foreste (l’attuale carattere arido e spoglio è dovuto all’intensa pastorizia medievale): era il luogo ideale perché sopravvivessero forme dell’antichissimo culto dell’albero. L’epifania divina era una grande dea madre accompagnata dall’albero sacro, ma quest’ultimo -in forma umana- più che Zeus parrebbe essere Dioniso (dio delle danze statiche e sfrenate e della linfa che monta e ribolle).

1 Ne Le Baccanti, da cui sono tratti i titoli in grassetto, Dioniso aizza le donne contro il resto della popolazione per vendicarsi di un re usurpatore: non solo le Menadi invasate compiono atti sovrannaturali, ma la loro condotta è a dir poco terribile, uccidono i propri figli e si cibano di carne cruda. Ovviamente, essendo il vero menadismo un culto segreto, non sappiamo quanto di attendibile ci sia nel loro ritratto tragico; grazie ad Euripide comunque generalmente le Menadi sono viste come delle pazze pericolose.
2 Zeus si manifestò nella sua forma di dio del fulmine a Semele dietro richiesta della giovane che, essendo una donna comune, non potè resistere alle fiamme dell’abbraccio del suo amato. L’edera protesse il neonato Dioniso (non si capisce se al seno della madre o ancora nel suo grembo), il succo è che Zeus lo recuperò e se lo infilò nella coscia, da cui lo estrasse una volta terminata la crescita del piccolo: per tale motivo Dioniso è detto “il dio che nacque due volte”.

Per approfondire.
Mitologia degli alberi è il testo citato di Jacques Brosse.
Di Dioniso come spirito della vegetazione ne ho parlato qui.
Zeus e il suo simbolo arboreo, la quercia, sono trattati in questo vecchissimo post.
Per capire meglio la coppia divina c’è il post La dea sposa.