Una vicenda ambientata in Lidia ci giunge, nella sua versione più celebre, dalle Metamorfosi di Ovidio e narra di una ragazza chiamata Aracne particolarmente brava a tessere: si diceva che la sua bravura fosse tale perché allieva di Atena, colei che aveva insegnato l’arte della tessitura alle donne; ma la ragazza sosteneva di aver imparato da sé e, anzi di essere più talentuosa della dea stessa… la superbia della giovane non passò inosservata agli occhi della dea che la sfidò quindi a realizzare un arazzo più bello del suo. Le due si ritrovarono al telaio per contendersi il titolo di filatrice più abile: sotto gli occhi di chi era accorso per assistere all’eccezionale spettacolo, Atena tessé magistralmente i poteri e le imprese degli abitanti dell’Olimpo sulla tela, ma la sfidante realizzò un lavoro altrettanto bello, se non forse di più. La dea dovette ammettere che non poteva trovare difetto nell’opera di Aracne, se non fosse che la ragazza aveva scelto come soggetto la condotta non proprio decorosa degli dei, rappresentando alcuni episodi mitici dove Zeus e Poseidone si tramutavano per sedurre/struprare donne e altre dee. L’insolenza di Aracne era troppa e Atena decise di punirla trasformandola a sua volta in un animale e, trattandosi della tessitrice più brava del mondo, scelse per lei il ragno, che sempre e per sempre tesse la sua tela.

Perché il ragno. Questo mito è meno denso di sovrastrutture rispetto quello di Medusa, anche perché non c’è evidenza di una simbologia specifica del ragno nella storia culturale europea (Robert Graves ipotizza che la spiegazione di questa vicenda sia di natura economica, poiché il ragno era simbolo della città di Colofone che contendeva ad Atene il commercio tessile). D’altro canto secondo Galeno e Democrito, l’essere umano avrebbe appreso l’arte della tessitura proprio osservando questo animale. Non può però passare inosservato come, curiosamente, il modus operandi di Atena nei confronti di Medusa prima, e Aracne poi, sia il medesimo: in risposta all’offesa subita dalla dea, la donna viene tramutata in animale (e sempre una creatura poco amata, si noti bene).
Secondo quanto messo in luce grazie al mito di Medusa, potremmo perciò avanzare l’ipotesi che anche in questo caso il mito sia residuo di un nuovo culto che soppianta quello più antico, dedicato forse a una locale divinità preposta alla filatura.

Origine della dea della filatura. Il ruolo di Atena in questa vicenda ha due funzioni: la prima è una lezione di vita sulla punizione della superbia umana e che diffida dallo sfidare gli dei; ma la seconda è identica all’epilogo del mito di Medusa, ovvero anche qui il patriarcato che sopprime il culto della Dea. Abbiamo visto lo scorso mese l’analisi della Gorgone come divinità che perde la supremazia per l’arrivo di nuove popolazioni dalle diverse credenze religiose; Medusa viene declassata da dea a donna, con l’aggravante di essere resa un mostro, con le sembianze di un animale particolarmente sgradevole. Potremmo pensare che sia capitato anche con Aracne: se la prima rappresentava la Dea serpente nel suo aspetto di Reggitrice di morte, ovvero la Megera della Dea tripartita, Aracne potrebbe essere epifania di Cloto, la seconda delle Moire, preposta a filare il filo della vita?
Procediamo per gradi. Innanzitutto osserviamo come la connessione tra la dea preistorica della filatura e Atena sia evidente: il mito greco ci dice che fu Atena a inventare l’artigianato, tra cui filatura e tessitura, ma in epoca arcaica quest’attività era pertinenza elargita agli uomini dalla Dea uccello (uno degli aspetti che poteva assumere la Dea), come testimoniano i segni presenti su svariati ritrovamenti di pesi da telaio e fusaioli risalenti al Neolitico e all’Età del rame. In Grecia sono state ritrovate delle terrecotte rappresentanti la Dea in forma di civetta con braccia umane che fila la lana… essendo la civetta uno dei più celebri attributi di Atena, viene da pensare che la dea preistorica sia confluita nella sua figura. C’informa Gimbutas che “torcitura, filatura, tessitura e cucitura accomunano la greca Atena, la romana Minerva e le Dee ancora vive nelle credenze folcloriche d’Europa” come ad esempio l’irlandese santa Brigida, per cui ogni lavoro di torcitura era tabù il I° febbraio, giorno a lei dedicato.

Filare la vita. Veniamo ora alla valenza culturale delle azioni di tessere e filare: fuso e telaio sono oggetti che per molto tempo sono stati esclusivamente femminili, oltre che espressione di un destino di reclusione (nel mondo greco tessere era competenza soltanto femminile, così come la guerra era appannaggio esclusivo dei maschi). Atena è la dea che fa dono dell’abilità di tessere e ciò spiega la sua ira nei confronti di Aracne, ma a un livello più alto dobbiamo considerare come per i Greci si trattasse innanzitutto di una metafora della vita: dal groviglio della matassa di lana vergine -simbolo dell’indistinto, della vita prima della nascita- si ottiene il filo, lineare e distinto, per mezzo della filatura, ovvero dal fuso che ruota (in una tensione mai risolta tra vita e morte); insomma, la filatura è simbolo dell’esistenza umana che si sviluppa secondo una linea che seleziona, fra tutte le possibili, una sola e inesorabile via. La donna al fuso diventa presto la filatrice di vita, nel mondo greco identificata con le Moire, in quello romano con le Parche e in quello norreno con le Norne.
Un’unica Moira anonima è quella di Omero, intesa come destino individuale, parte assegnata a ciascuno con il suo ineluttabile epilogo: la filatrice divina Moira -chiamata anche Aisa o Ker- intraprende la filatura al momento della nascita e da questa filatura iniziale è avviato il percorso di vita in cui tutto è previsto all’inizio, compreso il finale (questo concetto è ben espresso nell’Iliade a proposito degli eroi Achille ed Ettore). Nell’Odissea le Moire diventano tre e il focus, quando vengono nominate, è posto sul momento della nascita che avviene dal grembo materno e va a connotare il filare la vita come mansione femminile, in quanto azione collegata all’ordine materno.
Nella cultura greca, ma anche in altre nordeuropee e orientali, quello che è certo è che a filare l’esistenza umana dalla vita alla morte è una donna (più frequentemente tre).