La tradizione popolare europea collega gli asini e la maschera con le orecchie asinine, come una sorta di giullare, a dicembre e al solstizio d’inverno… In Inghilterra questo personaggio prende il nome di Matto di Natale, ma di chi si tratta? Sono usanze residue delle Feste dei Folli medievali che consistevano in una sorta di rovesciamento del mondo: secondo le credenze del popolo i Folli avevano speciali poteri (la preveggenza e la capacità di comunicare con il divino) ed erano perciò intermediari tra l’essere umano e il sacro. Studiosi ottocenteschi hanno descritto numerose feste di questo tipo che avevano luogo in vari paesi europei tra Natale e l’Epifania, periodo noto come i Dodici giorni: spesso si trattava di personaggi burleschi che celebravano la messa in abiti clericali, ridicolizzando la liturgia cristiana e che, tutto sommato, godevano di una certa indulgenza. Nonostante i molti elementi pagani di tali tradizioni, l’intento originario era quello della celebrazione cristiana in ricordo di Cristo, evidenziando il suo insegnamento a favore degli umili e contrario a potenti e superbi… i folli erano gli ultimi, quelli che si trovavano nella condizione d’inferiorità che Gesù voleva riscattare.
Bue e asinello non sono una tradizione biblica (si parla di loro solo nei Vangeli apocrifi e non in quelli canonici), bensì entrano a far parte dell’immaginario della Natività quando San Francesco lo fa diventare una consuetudine natalizia e si ritiene che essi rappresentassero da un lato i popoli pagani e giudei che dovevano ancora vivere l’esperienza cristiana, d’altro canto sono simbolo della stoltezza umana, incapace di vedere nel bambino la presenza divina, evidente persino agli animali. In definitiva, si ritiene che una spiegazione simbolica della presenza di bue e asino nel presepe sia da ricercare nel loro essere doppi di Cristo: maltrattati, umili e vittime della cattiveria umana.
Se dell’asino -che in questa giornata ha il suo momento di gloria come accompagnatore di Santa Lucia- abbiamo detto più sopra… che aggiungere sul suo compare cornuto?
Abbiamo già visto, in occasione della casella dedicata alle renne, come gli animali dotati di corna fossero l’emblema della fertilità e della vegetazione: impossibile quindi escluderli dal Natale che nasce come festa del rinnovamento stagionale, ma il bue è, nella cultura europea, una creatura non da poco. L’iconografia distingue bene il bue dal toro, lo rappresenta più mansueto e meno imponente, e -secondo alcuni studiosi- il giogo del bue stava a significare la parola cristiana che addomesticava e sottometteva il paganesimo… Già, perché il toro era una delle grandi divinità del passato, adorato in tutta l’odierna Europa stando ai racconti mitologici che lo vedono protagonista dall’Irlanda alla Grecia o le straordinarie incisioni rupestri italiane del monte Bego e le pitture paleolitiche dell’area franco-cantabrica, contro cui la Chiesa si è battuta con tutte le sue forze (al pari di orso e serpente).

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