Prima della pausa estiva abbiamo visto come queste figure femminili misteriose, tipiche della mitologia greca, e dalla natura non ben definita (non sono divinità, ma la loro immortalità le rende superiori agli umani) fossero legate principalmente all’acqua. Nel panorama mitico greco ne esistono di molte specie e le più numerose sono da collegarsi alla realtà primordiale: acqua, abbiamo detto, ma anche montagne e pascoli. Infine, forse per fusione con culti locali o per narrativa mitologica, ci sono ninfe animali e vegetali, solitamente connotate da un nome proprio e da una storia.

Ninfe d’acqua e vegetali. Le ninfe impersonano e abitano il paesaggio, principalmente fonti, laghi, fiumi e sono le responsabili della presenza di acqua fresca (fonte di vita, secondo la loro caratteristica di essere kourotrophoi, nutrici). In base alla loro origine, vengono nominate con nomi diversi: potamêides sono le ninfe di fiumi, naiades quelle delle sorgenti, limnaiai delle paludi… La connessione con l’acqua è così stretta che da Omero in poi “naiade” diventa sinonimo di ninfa. Altro ambiente selvaggio è la montagna, oros in greco, dove si svolgono attività a cui le ninfe prendono in qualche modo parte come il pascolo delle greggi, l’accudimento delle api, la caccia e la cura del bosco e degli alberi: oreades sono le ninfe della montagna.
Essendo così legate alla natura incontaminata e derivando forse dalle antiche figure di culto femminili della Preistoria, sono poi molte le ninfe connesse a piante specifiche. Esistono categorie come le daphaniai, ovvero ninfe del lauro, tra cui la celebre Dafne del mito e altre che sono note solo per una di esse come Syke, la ninfa del fico.

Ninfe, animali o forse entrambe. Più rare delle loro colleghe vegetali e mai definite come categoria a sé, negli antichi racconti greci sono tuttavia presenti anche ninfe legate ad animali (quando non animali stesse) che prendono parte alle vicende narrate. Abbiamo già avuto modo di conoscere Melissa, la ninfa ape che forse un tempo faceva parte di un gruppo di sacerdotesse chiamate melissai, e che nell’addomesticamento degli antichi riti diventa la nutrice di Zeus neonato. Accanto a lei altre due, Ida e Adraste, definite figlie di Melisseo e verosimilmente solo un’altra versione della ninfa ape. Ma anche la capra Amaltea, nutrice divina per eccellenza, la quale quasi si fonde con Zeus che -dopo averla posta tra le stelle- con la sua pelle ne ricava un’egida (la quale finisce poi alla figlia Atena). Strettamente connessa a un dio è anche la ninfa Coronide che, tradendo l’amante Apollo, viene da lui tramutata in cornacchia. O era forse una cornacchia fin dal principio? La ninfa Acacallis partorisce due gemelli che vengono allattati da una capra, facendo dubitare che avesse essa stessa in origine sembianze caprine. Allo stesso modo Helike e Kynosura vengono definite a volte ninfe, in altre occasioni orse, ma pur sempre nutrici del piccolo Zeus che ne decreta poi l’ascensione al cielo come Orsa Maggiore e Minore (secondo una delle varie versioni del mito).

Ninfe e bambole. Recenti studi hanno messo in relazione le bambole giocattolo spesso rinvenute in scavi archeologici agli oggetti votivi che le bambine greche offrivano alla dea Artemide e al suo gruppo di ninfe all’arrivo della pubertà. Si tratta di rituali controversi e ancora poco noti, poiché in epoca arcaica l’associazione fra il celebre corteo di ninfe, che segue la dea facendosi baluardo della verginità delle fanciulle, non è del tutto attestato: è plausibile che Artemide e le ninfe siano state sovrapposte in quanto divinità dei luoghi liminari, selvaggi e in contrapposizione alla civiltà. Con l’affermarsi della società della polis il culto di Artemide si trasferisce in città dove le sono dedicati numerosi altari. E le ninfe? L’ambiguità del termine, che in greco significa tanto fanciulla che sposa, ci induce a credere che esse fossero invocate nei momenti di transizione della vita delle donne greche che, in una società patriarcale come quella ellenica (in cui l’importanza della donna era prettamente riproduttiva), comprendevano sostanzialmente pubertà, matrimonio e gravidanza. Addomesticare i culti femminili significava sganciare le ninfe dai loro pari divini originari, ovvero le divinità selvatiche Dioniso, Pan e sileni, per inglobarle in un contesto civilizzato e ordinato sotto il dominio di Artemide (dea al confine tra natura e cultura sì, ma comunque inserita e normalizzata nel pantheon olimpico con a capo Zeus, in quanto sua figlia).

Che le mie Madamine possano essere un tributo alle bambole e alle ninfe, allora. Ed ecco perché nei prossimi post ci dedicheremo ad animali e piante particolari connessi alle ninfe, incominciando proprio da uno degli emblemi di Artemide, ovvero l’orsa.