Questo volume, non propriamente un trattato di antropologia, è densissimo di riferimenti mitologici e storici dell’area che potremmo più o meno propriamente definire Europa: vengono analizzati miti greci e romani, celti e germani, norreni, mediterranei, egizi e semitici… laddove serve spingere un po’ più in là lo sguardo per capire certi meccanismi, senza temere di valicare (quando serve) certi confini. Un ottimo modo per ragionare sulla portata simbolica e sul valore culturale dell’albero, ieri e oggi.

Questo libro fa viaggiare oltre i confini dello spazio ma anche del tempo, osservando credenze e pratiche che nascono in epoca neolitica e che sopravvivono fino a noi passando per tutte le più importanti fasi culturali europee (epoca classica, barbarica e infine cristianesimo).
Un viaggio da est a ovest e da nord a sud per il Vecchio continente alla ricerca del significato di leggende e simboli ancestrali di qualcosa che ha accompagnato l’uomo dal momento della sua comparsa al mondo fino ad oggi: l’albero e, per estensione, la natura tutta.
Una serie di riflessioni che suggeriscono come il nostro distacco spirituale dalla dimensione arborea e rurale sia alla base della catastrofe climatica che si sta abbattendo sull’umanità.

Si comincia con l’analisi di simboli come l’albero cosmico e la scala mistica, osservandone sia esempi sparsi per il mondo, sia studiando da vicino casi celebri come il frassino Yggdrasill o la betulla degli sciamani siberiani. Vi sono capitoli dedicati ad alberi che hanno giocato un ruolo primario in qualche fase storica del nostro passato (come la quercia e tutte le sue implicazioni mitologiche e culturali), l’esplorazione di dimensioni intellettuali quali il “bosco sacro” e la “foresta abitata” ma anche una trattazione più snella e aggiornata della grande tematica affrontata già da James Frazer nel suo celebre Il ramo d’oro (nel capitolo “Morte e rinascita del dio albero”, ndr).
Non mancano poi capitoli più didascalici dove si analizzano frutti e alberi vari legati ai prodotti culturali presenti nelle varie mitologie europee e mediterranee: divinità o personaggi mitici greci e mediterranei le cui vicende sono legate a qualche pianta specifica, così come un breve esame delle ninfe tramutate in alberi…

A chiudere il libro, un capitolo dedicato alla visione cristiana dell’albero, lasciato in coda al tomo -ma questa è una mia personale opinione e sensazione- un po’ come a voler dire che con il Cristianesimo il favoloso viaggio compiuto attraverso le pagine precedenti si conclude: certo, il Medioevo sarà ricco di simbologia vegetale, ma nulla sarà più ammantato dalla fede sincera nella divinità arborea…
“Più di noi vicini alla natura, ma soprattutto più sensibili al suo carattere sacro, gli antichi conservavano una freschezza che permetteva loro di meravigliarsi ancora davanti alla misteriosa genesi dei frutti, davanti alle molteplici utilizzazioni consentite dalla loro vastissima varietà, perché ghiande e mele, mandorle e fichi, olive, noci, castagne sono tutti frutti, ma nati ognuno da un’evoluzione a lui propria, e dotati di una struttura diversa”.
Con l’inizio dell’era cristiana il sincretismo che aveva caratterizzato i secoli e i millenni precedenti viene spazzato via dall’intransigenza dell’unico dio e della cancellazione e persecuzione degli antichi riti, contribuendo -purtroppo- all’inizio di quel distacco dalla Natura che ce la presenta non più come “qualcosa di nostro” ma come qualcosa di “creato per noi”.