Quando si trattava di feste e dissolutezza, nessuno poteva competere con la gente dell’antica Roma. Ogni anno, nel periodo del solstizio d’inverno, venivano celebrati i Saturnalia: iniziavano il 17 dicembre, terminavano il 23 dicembre e, come suggerisce il nome, erano la festa del dio agricolo Saturno e della sua sposa Ops dea dell’abbondanza dei frutti della terra. La religione cattolica poi ha sostituito questo ciclo di feste con quelle che vanno da Natale a Capodanno, ma anche le celebrazioni pagane sfoggiavano addobbi, fuochi accesi, rami e fiori invernali.

Origine della festa. Le feste di Saturno erano senz’altro più antiche della fondazione stessa di Roma e ricordavano il periodo di reggenza del dio Saturno, come viene narrato dal mito: Giove scacciò il padre Saturno dai cieli, legato e sepolto dal figlio in un posto segreto del suolo italico, venne accolto da Giano e lì regnò durante l’Età dell’Oro, insegnando agli uomini come coltivare della terra e stabilendo le prime leggi. I romani credevano che le divinità infere come Saturno, Plutone e Proserpina uscissero dal sottosuolo vagando in corteo per tutto il periodo invernale e che dovessero essere placate mediante offerte di doni e feste in loro onore. Tornati nelle loro dimore sotterranee avrebbero poi ricompensato le premure degli uomini proteggendo i semi messi a dimora nel terreno, facendoli germogliare a primavera e donando vigore alle piante in estate. Secondo la leggenda che voleva Saturno sacrificato e legato, nei templi la sua statua veniva legata con lino o lana intrecciati ai piedi e alle caviglie… nel corso delle celebrazioni i nodi venivano allentati, per rappresentare la liberazione di Saturno, e rimanevano slegati per tutto il periodo di festa affinché il dio adempiesse alle sue funzioni di fondatore di una nuova era (fino alla fine dell’anno perché Saturno moriva al solstizio d’inverno e rinasceva come dio-bambino all’inizio dell’anno nuovo). Durante i Saturnalia i cittadini adornavano le case con rami di vegetazione e appendevano piccoli ornamenti di metallo su cespugli e alberi, ma la vita pubblica si fermava: era proibito iniziare o partecipare a guerre, stabilire pene capitali, portare lutti e qualsiasi altra attività che non fosse il festeggiare.

Come si svolgeva la festa. Si trattava di una delle ricorrenze più sentite poiché tutto il popolo vi partecipava, in una festa che coinvolgeva ogni angolo dell’impero, soprattutto per strada, con fiere e mercati, da cui potrebbero essere derivati gli odierni mercatini natalizi. La parte ufficiale della festa consisteva in un solenne sacrificio nel tempio in cui, abbiamo visto, si scioglievano le bende di lana che avvolgevano i piedi della statua del dio a cui seguiva il banchetto pubblico dove tutti i partecipanti si scambiavano l’augurio Ego Saturnalia! (sarebbe l’abbreviazione di ego tibi optimis Saturnalia auspico ovvero“ ti auguro di trascorrere lieti Saturnalia”); si offrivano poi piccoli doni come candele, noci, datteri e miele, detti strenne (dalla dea del solstizio d’inverno Strenua). Il 17 dicembre si accendevano le candele e vi era un grande banchetto di quartiere a carico dello Stato al quale tutti erano invitati; da quel giorno iniziavano le feste in cui non si lavorava, si scambiavano doni e biglietti di auguri e si regalavano i tre simboli dei Saturnalia: il mirto, l’edera, il lauro (sacri rispettivamente a Venere, Bacco/Dioniso e Apollo).
Il terzo giorno dei Saturnalia, il 19 dicembre, si celebrava la Dea Ops o Opis, antica dea dell’abbondanza e dei raccolti, considerata moglie di Saturno.

Il mondo alla rovescia. Durante i festeggiamenti si svolgevano grandi banchetti, si riponeva la toga in favore della veste da casa chiamata synthesis e come copricapo si usava il pileus, il berretto frigio rosso simbolo della liberazione degli schiavi che diventavano cittadini romani. Soprattutto si eleggeva il Princeps Saturnalicius, rappresentante della divinità infera -Saturno o Plutone, guardiano dei defunti e protettore di raccolti e campagne- che governava la festa: per sette giorni si commemoravano i tempi felici del regno di Saturno e partecipavano anche gli schiavi perché, in quel tempo mitico, non c’erano differenze di classe, anzi si viveva senza bisogno di leggi né si doveva non coltivare la terra (dunque gli schiavi non erano necessari). Uno dei punti salienti dei Saturnalia era poi lo scambio dei ruoli tradizionali, in particolare tra padrone e schiavo: tutti indossavano il pileus e gli schiavi erano liberi di essere impertinenti (nonostante l’apparenza, c’erano in realtà alcuni confini piuttosto rigidi, poiché il padrone poteva servire la cena ai suoi schiavi, ma erano comunque stati loro a prepararla! Questa consuetudine teneva in ordine la società romana, permettendo però a tutti di divertirsi).