Come artigiana tessile, ho una certa familiarità a collegare tra loro i fili. Così come avevo suggerito una connessione tematica (nel nome della fantascienza o-giù-di-lì) tra il bookclub di gennaio dedicato a “Buffalo Gals” di Ursula Le Guin e quello di marzo con protagonista invece “Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood, allo stesso modo ho ritrovato in “Ave Mary” -saggio di Michela Murgia dedicato alla Chiesa e alla sua visione della donna e del femminile- un più o meno inedito ponte con il testo affrontato in febbraio dal Babacio Bookclub, ossia “Sirene e altri mostri” di Jess Zimmerman. I motivi sono tutti spiegati qui sotto.
Mostri vs belli. Nel quarto capitolo, intitolato “Consigli di bellezza” (giusto per capire dove si va a parare), Murgia ci fa riflettere su quanto l’accanimento ad apparire sempre giovani abbia a che fare con una motivazione estetica (spoiler: molto poco). Le sue parole recitano: “ […] la direzione in cui sta andando la teoria della giovinezza a tutti i costi è tutt’altro che cosmetica: è cosmologica.”. Orbene, qui possiamo decollare verso altissime sfere, per me. È vero: la parola kosmèo, con il significato di “abbellisco, metto in ordine”, è la medesima di kosmòs, ossia la realtà sottratta al kàos, quell’idea di mondo ordinato secondo regole naturali. E che ci restituisce l’idea della bellezza come qualcosa di armonico, che risponde a determinate aspettative sempre uguali.
Quest’idea della bellezza come sinonimo di bontà e giustezza affonda le radici nei medesimi tempi e luoghi (= la Grecia classica) ed è uno dei capisaldi della società occidentale… che è termine improprio e scorretto, ma che so restituisce a tutti noi un’immagine precisa. Il diverso è brutto, perché non assomiglia a tutti gli altri. Se fossi normale, saresti come me. Il problema sorge quando chi ascolta, non è l’io narrante.
Tabù della morte. “Sottrarsi alla religione della cosmetica significa rifiutarsi di impedire la deriva distruttiva dell’esistente, farsi colpevolmente complici della sua entropia”… non nego di aver dovuto rileggere diverse volte queste righe prima di comprendere che dicevano una cosa che condivido molto: chi teme l’invecchiamento, lo vede solo come tappa che ci avvicina ogni giorno di più alla nostra dipartita da questo mondo. Sembra che l’industria cosmetica abbia trovato un doppio alleato nelle vendite dei prodotti ringiovanenti: la paura di morire associata agli effetti anzitempo della morte (un po’ come pulirsi la bocca con il tovagliolo prima ancora che sia stato servito il pranzo) sembra riuscire bene a svuotarci il portafogli. Alle donne non è stata inculcata solo la paura della morte, ma anche quella della vecchiaia (grazie al meccanismo patriarcale per cui la femminilità va di pari passo con la fertilità. E una donna vecchia e non più in grado di figliare è… inutile).
Tutte le figure folcloriche di megere brutte e cattive, vi dicono nulla?
Excursus storico 1. C’era una volta, persa nella notte dei tempi, una religione fondata sull’equilibrio dei principi maschile e femminile. In quest’ottica, il ruolo della Dea era quello di essere Colei che dava la vita (= è questo a distinguerla dalle entità maschili); la divinità preposta a dare la vita era però anche colei che -così come sceglieva e decideva quando e a chi fare questo dono- orchestrava la morte.
Quando raccontiamo l’antichissima storia dell’Europa, dobbiamo rassegnarci a parlare di innovazioni e civiltà che arrivano da Oriente (ed è curioso come, nella mitologia greca, sia poi rimasta l’abitudine di piazzare a ovest tutte le creature primordiali e temibili, oltre le Colonne d’Ercole dove la cultura non era -evidentemente- arrivata).
Proprio assieme agli agricoltori anatolici era giunta nel nostro continente l’idea di una Dea cosmogonica, frutto delle popolazioni dei nuovi, grandi centri urbani e delle loro osservazioni del cielo: registrando il moto degli astri si sviluppò la credenza di un linguaggio matematico che regola il tutto e si passò -per dirla con lo storico delle religioni Joseph Campbell- da Madre Terra a Madre Cosmo.
Erano state gettate le basi perché l’attenzione e il divino non risiedessero più nell’eccezionalità dell’animale di colore diverso, dell’albero gigantesco, della pozza d’acqua calda com’era stato per le popolazioni che erano vissute di caccia e raccolta, a stretto contatto con la natura selvaggia. Ora il fulcro della religione è rappresentato da ciò che è ordinato e prevedibile, che risponde a una legge matematica, una forza vitale impersonale associata al principio femminile; la Dea non è più associata solo alla fertilità e al suolo… nelle statuette dell’epoca l’enfasi passa dai seni e i glutei agli occhi: il risalto non è più tanto sulla creazione fisica, quanto su quella spirituale, magari seguita a una morte e rinascita simbolica. La fertilità del corpo si differenzia dalla fertilità dell’anima.
Excursus storico 2. Un’unica deità che risponde a queste caratteristiche ci è quantomeno familiare, l’unica differenza è che la conosciamo come Padre nostro e non Madre nostra. Che cosa è successo nel frattempo?
Chi segue questo blog sa che questo è il momento in cui di solito attacco con un pippone contro gli Indoeuropei (= popolazione nomade che nella preistoria invase l’Europa spazzando via una cultura pacifica incentrata sulla religione della Dea, imponendo un pantheon di divinità maschili guerriere). Ecco, sì: ci sta tutto. Però l’attuale religione dell’Occidente europeo è di origine semitica, quindi oggi i cattivi della situazione sono altri. In tempi e modalità analoghe a quelle d’Europa, anche nelle zone della Galilea s’impose una cultura di pastori guerrieri nomadi, noti appunto come Semiti, che -una volta installatisi su quei territori- provvidero a spazzare via ogni altra forma di vita culturale.
Lo spirito protettore della tribù scalzò le divinità naturali locali (personificazioni delle acque, delle montagne etc.) per imporre un unico Dio: le creature femminili non vennero però aggiogate, addomesticate, inserite nelle nuove genealogie divine come avvenne in Grecia… peggio, vennero completamente eliminate. Come? Tramutandole in mostri sconfitti dai propri paladini.
Ecco che, anche qui come altrove (vedi la storia di Medusa), la malvagità viene a collimare non solo con la mostruosità, ma anche con la femminilità. Una lunga schiera di patriarchi non potevano pensare una divinità che non fosse Padre.
Il ritorno della Dea. La dura religione semitica forse riuscì a fare piazza pulita delle dee nel deserto del Medio Oriente, ma una volta trapiantata in Europa, luogo che per moltissimo tempo aveva venerato gli spiriti femminili (e che ancora si annidavano in fonti e boschi, come ninfe e fate), dovette scendere a compromessi. Questo compromesso si chiama Gesù e, ancora meglio, Maria.
Di coppie di madri-figli/sposi l’Europa antica ne conosceva parecchie, ma personalità così dirompenti nella storia se n’erano viste poche. E questo soprattutto perché, quando qualche outsiders saliva agli onori della cronaca, il mainstream provvedeva a ridimensionare o occultare tali figure.
E proprio a questi personaggi, anzi, a queste personagge Lucia “Una penna spuntata” Graziano ed io dedicheremo la diretta Youtube di giovedì 12 giugno alle 18.00 per proseguire e approfondire il tema… vi aspettiamo!
Ps. Per ricevere comodamente il link e il remind della diretta c’è il gruppo Telegram di Babacio 😉 https://t.me/s/babacious
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