Abbiamo visto tempo fa (qui!) che fra le tradizioni più longeve dei contadini europei vi fu, e da qualche parte ancora vi è, l’usanza di nominare una coppia di sposi regali in primavera in ricordo di un ancestrale sposalizio tra divinità silvestri -in gergo tecnico ierogamia- che avrebbe garantito la buona crescita delle piante e quindi dei raccolti. Tale cerimonia doveva essere resa più efficace da un reale congiungimento umano, oltre quello simbolico tra alberi e piante.

Una divinità della Natura. In uno scenario così arcaico, in cui l’uomo era alla mercé delle forze naturali e la sua vita dipendeva dalla generosità dell’ambiente, dobbiamo immaginare che gli esseri umani confidassero in una divinità legata non solo agli alberi, ma in una prolifica personificazione stessa della Vita, sia vegetale che animale. Una figura silvestre a cui pastori e cacciatori rivolgevano preghiere per avere greggi in salute e permessi per uccidere gli animali del bosco; ma anche una divinità lunare che secondo la ciclicità della vita sapeva ascoltare e aiutare le partorienti: questa era la dea romana Diana o la greca Artemide.

Nozze sacre in Italia. La figura arcaica di Diana la voleva dea della fecondità e a sua volta feconda, era quindi necessario che avesse un compagno e non era raro che nelle religioni antiche ad una divinità venisse fatto sposare un essere umano. Secondo James Frazer è proprio ciò che accadeva presso il bosco sacro di Nemi, nel Lazio, sorta di santuario in cui ogni anno venivano celebrate “le nozze sacre tra un mortale re del bosco e l’immortale regina delle selve, la dea Diana”. Secondo lo studioso inglese ciò sarebbe confermato inoltre dalla leggenda delle nozze tra il re Numa e la ninfa Egeria. Numa Pompilio era il secondo dei sette mitici re romani, erede del fondatore Romolo, e a cui si devono importanti riforme religiose della Roma primitiva; si diceva che avesse sposato la ninfa Egeria, driade (ossia ninfa della quercia) associata in particolare al querceto di Nemi. Frazer sostiene che “la leggendaria unione fra il re Numa e la ninfa Egeria fosse un riflesso, o un duplicato, dell’unione tra il re del bosco ed Egeria, o la sua omologa Diana” divinità ugualmente associata alla quercia e alle foreste.

Tanti nomi per una sola coppia divina? Il legame della quercia, del bosco e delle acque fa pensare a Egeria come un doppio di Diana e, se teniamo conto delle cerimonie d’investitura dei re romani, rituali antichissimi all’alba della fondazione della città nelle quali i reggenti assumevano l’aspetto del dio Giove, possiamo facilmente individuare la stessa coppia divina su più livelli: Numa e Egeria, Diana e il suo sacro sposo, Giove e Giunone… facendoci intravedere uno sposalizio sacro tra un dio e una dea della quercia, e per estensione della vegetazione tutta, di origine davvero antica. Jacques Brosse nel suo Mitologia degli alberi ha visto infatti nell’oracolo di Dodona (luogo della Grecia settentrionale su cui sorgeva un celebre tempio dedicato a Zeus) il residuo di un culto alla Dea Terra, identificata nei vari stadi evolutivi come Gea, poi Rea/Era, quindi Dione: “È evidente che, nella coppia di Dodona, la divinità prima e principale è la dea, non il dio. […] Nel culto dell’albero sacro, il dio è presente solo in secondo piano, perché la vera divinità dell’albero è sempre una dea, la Grande Madre, la Terra, signora della vegetazione, fonte prima di ogni alimento”.
Insomma, muterebbero i nomi delle singole divinità ma all’origine si tratterebbe sempre di una dea della terra che si congiunge con uno sposo legato alla sfera vegetale il cui destino è quello di perire in inverno e rinascere più forte in primavera.