Nel libro La Dea Bianca lo studioso Robert Graves riporta le seguenti parole: “La rivalità tra l’agrifoglio e l’edera nelle carole medioevali inglesi […] rappresenta il conflitto tra i sessi. Sembra che la spiegazione sia questa. In alcune parti dell’Inghilterra al tempo del raccolto l’ultimo mazzo di spighe veniva legato con l’edera e chiamato ‘maggio del raccolto’ o ‘sposa del raccolto’ o ‘fanciulla dell’edera’ e lo si dava in penitenza al contadino che finiva la mietitura per ultimo, in segno di cattiva fortuna sino all’anno successivo. Così l’edera passò a significare la donna o la moglie bisbetica, somiglianza avvalorata dal fatto che essa strangola gli alberi. Ma l’edera e l’agrifoglio erano entrambi associati ai Saturnalia, perché la mazza di Saturno è di legno d’agrifoglio e il suo uccello sacro, il regolo dal ciuffo, nidifica tra l’edera. Il mattino di Natale, l’ultimo dell’allegro regno di Saturno, il primo piede a oltrepassare la soglia doveva essere quello del suo rappresentante, un uomo scuro, chiamato il Fanciullo dell’agrifoglio, e le donne erano tenute accuratamente lontane. Così la Fanciulla dell’edera e il Fanciullo dell’agrifoglio divennero opposti e nacque l’usanza natalizia di una gara a pegni tra i ‘ragazzi dell’agrifoglio e le ‘ragazze dell’edera’, nella quale i due gruppi si indirizzavano l’un l’altro canzoni perlopiù satiriche”.

L’edera e l’agrifoglio. L’edera fruttifica in inverno ed è simbolo di fedeltà e lealtà: si usa nelle decorazioni natalizie per rappresentare i legami di famiglia e amicizia e la leggenda vuole che fosse cresciuta sui sepolcri distanti di Tristano e Isotta per legare i due protagonisti nella morte. Sopravvive spesso alla morte della pianta ospite: ecco perché è simbolo della vita che va avanti, nel ciclo infinito di vita, di morte e rinascita… questo era forse il motivo per cui i Celti consideravano l’edera una pianta sacra legata all’immortalità e ai simboli del serpente e del drago, segno dell’eternità della Natura. Associata a un altro simbolo invernale come l’agrifoglio (la si può osservare avvolgersi talvolta proprio a quest’albero protettivo che scacciava gli spiriti maligni), rappresentava ancor più marcatamente la resurrezione e l’eternità. In ambito anglosassone questo legame è evidente nella famosa ballata che recita:
“The holly and the ivy
When they are both full grown
Of all trees that are in the wood
The holly bears the crown”.
(L’agrifoglio e l’edera, quando sono entrambi completamente cresciuti, di tutti gli alberi che sono nel bosco, l’agrifoglio porta la corona).

Tra festa e timori. Figure e prodotti culturali diversi, alcuni gioiosi come i sempreverdi e le luci, altri più spaventosi come le maschere demoniache e i riti caotici… Il Natale si presenta una volta di più come una festa dalla doppia lettura: da una parte il tema della festa, del sole, dell’abbondanza (si vedano i numerosi cibi speciali che si consumano in questi giorni); d’altro canto la forte connessione con l’aldilà, il tema della morte (e rinascita), i defunti, il caos. Sappiamo che i due temi sono dissonanti solo all’apparenza, poiché in realtà essi dialogano con le parole più antiche del repertorio culturale europeo. L’inverno e il freddo sono il momento più difficile per tutte le specie viventi, basta osservare piante e animali per comprenderlo, non doveva essere troppo diverso per Homo sapiens… Ma quando con l’evolversi della cultura (delle tecnologie, innovazioni, scoperte) questa sopravvivenza si è fatta materialmente sempre più “certa”, il nostro lato istintivo ha continuato a vedere nella stagione fredda un bivio decisivo della vita, il cardine tra il soccombere e il sopravvivere (pensiamo a Giano, predecessore in qualche modo di Saturno, che è dio delle porte e si pone all’inizio dell’anno).

Simboli della storia umana. Il brano di Graves ci fornisce ancora altri spunti di riflessione: il regolo di Saturno è lo scricciolo, che assieme al pettirosso compone un’altra alternanza tra simboli stagionali, così come lo sono la quercia e l’agrifoglio. Anch’essi ci parlano di radici comuni, poiché la leggenda che li riguarda è di derivazione celtica, ma anche a Roma questi due alberi erano importanti e ricchi di significati. Nel suo libro Graves ipotizza che la maggior parte delle credenze dell’essere umano occidentale ruotino attorno all’idea di una dea eterna -rappresentante la Terra, la Natura, il grembo- e un dio stagionale, che nasce e risorge, che potremmo identificare come Vita, spirito vitale in grado di originare l’esistenza nel grembo della dea… nascendo e morendo dalla dea, che è il Tutto, questo dio ne è alternativamente, in maniera ciclica a seconda della stagione, figlio o paredro. Curioso e affascinante constatare che, se davvero fosse così, tutte le credenze religiose del continente europeo prima dell’avvento del Cristianesimo troverebbero comunque un dialogo con il grande evento che viene celebrato dai cristiani a Natale: la nascita straordinaria di un bambino speciale.