Quest’anno, quando ho cominciato a pensare ai contenuti da scrivere per questo blog, mi è venuto abbastanza naturale seguire il calendario… in parte è ciò che ho già fatto in passato, dato che avevo iniziato a parlare di queste cose sull’impulso dello studio dello spirito arboreo, del suo culto e dei suoi residui culturali. Mi sono poi incuriosita alle tradizioni legate a un periodo particolare dell’anno e ne ho cercato l’origine, scoprendo che molto spesso si tratta di credenze antiche quanto l’uomo. Però quasi subito, quando ho cercato di buttare giù le idee proprio in base al calendario, mi sono accorta che nella mia testa, e nel fare comune, c’è molta confusione a riguardo. Cioè, tutti sappiamo cos’è ovviamente un calendario… ma anch’esso ha la sua storia. E non è affatto scontata.

Si fa presto a dire calendario. Partiamo dalle basi, ovvero che quasi tutti i calendari sono basati sulle fondamentali unità di tempo di anno, mese, settimana e giorno ricavate dall’osservazione del Sole e della Luna (quel “quasi” cosa significa? Che la maggior parte dei paesi del mondo adotta il calendario gregoriano, ma molti ne affiancano anche altri).
Nello specifico, la settimana dura una singola fase lunare (7 giorni), il mese corrisponde a un ciclo completo di fasi (28 giorni circa, cioè quattro settimane) mentre l’anno dura un ciclo di stagioni (ovvero, quasi un periodo di rivoluzione della Terra intorno al Sole). L’anno solare che conosciamo tutti non corrisponde però al numero intero dei 13 mesi lunari e perciò i calendari devono seguire il computo lunare o quello solare.
Il nostro di 365 giorni circa si basa sulla durata dell’anno solare, perciò è detto calendario solare; ne sono esempi quello gregoriano e quello giuliano (si veda più sotto) e qui, anche se le stagioni cominciano sempre nelle stesse date, i mesi non seguono precisamente il ciclo delle fasi lunari. Esistono poi i calendari lunari, come quello islamico, basati sulla durata del mese lunare di circa 29 giorni e mezzo: il mese comincia sempre con la luna nuova e la data d’inizio delle stagioni si sposta in avanti di anno in anno. Esistono poi i calendari lunisolari sincronizzati sia sulla durata dell’anno solare che del mese lunare alternando anni di 12 e di 13 mesi per poter mantenere tale sincronia: l’inizio delle stagioni oscilla dalla stessa data di 12-13 giorni ogni anno (l’attuale calendario ebraico e l’antico celtico sono lunisolari).

L’errore è dietro l’angolo. Il nostro calendario, quello gregoriano, conta gli anni -com’è noto- a partire dalla nascita di Gesù, quelli successivi a tale data sono denominati d.C., ossia dopo Cristo, e gli anni precedenti a.C., avanti Cristo (l’anno zero non esiste, si passa dal 1 a.C. al 1 d.C.). Fin qui, nulla di nuovo.
Per quanto riguarda l’inizio dell’anno invece, la data è stata ufficialmente fissata al I° gennaio solo nel 1582 con la riforma gregoriana del calendario (in epoca medievale stati e città europee seguivano il calendario giuliano, ma il primo giorno dell’anno variava tra il 1 marzo, il 25 marzo, il giorno di Pasqua, il 1 settembre…). Prima del calendario promulgato da Giulio Cesare l’anno iniziava il primo marzo, ecco perché ancora oggi gli ultimi mesi dell’anno portano un nome che non si accorda con la loro posizione temporale (settembre era effettivamente il settimo mese, e lo stesso fino a dicembre). Inoltre il calendario giuliano del 46 a. C., che è solare, di derivazione egizia e basato sul ciclo delle stagioni, accumulava un ritardo rispetto all’anno astronomico, arrivando nel XVI secolo a circa 10 giorni di ritardo. Nel 1582 la Chiesa cattolica era in difficoltà nel calcolare la data della Pasqua (basta pensare che l’inizio della primavera convenzionalmente fissato il 21 marzo in base all’astronomia, quell’anno sarebbe caduto l’11 marzo!) e dovette perciò correggere il calendario giuliano con la riforma che prende il nome da papa Gregorio XIII. Per rimediare al pasticcio, a giovedì 4 ottobre 1582 si fece seguire il 15 ottobre, decidendo arbitrariamente che sarebbe stato un venerdì.

Storia del calendario, storie di calendari. Secondo le teorie di Robert Graves, la Chimera greca sarebbe un residuo culturale dell’antico periodo in cui l’anno era composto da sole tre stagioni, tutte rappresentate da uno degli animali che compongono il mostro mitologico (leone, capra/toro e serpente). Ma cosa possiamo dire di sicuro? Certamente il Disco di Nebra è un valido candidato a essere calendario più antico mai ritrovato: è una lastra circolare in metallo, con applicazioni in oro, risalente all’età del Bronzo (2100 – 1700 a.C.) che rappresenta il sole, la luna crescente, le Pleiadi; secondo alcuni studiosi sarebbe collegato con gli equinozi e i solstizi, poiché la costellazione delle Pleiadi è visibile dopo il tramonto fino a marzo, per ricomparire all’alba a ottobre, e per questo è sempre stata collegata all’inizio e alla fine della stagione agricola.
Non stupiamoci però, se in definitiva, tutti i calendari si basano sull’osservazione degli astri e della natura: i cacciatori del Paleolitico hanno vissuto per migliaia di anni accanto a piante e animali che, soprattutto alle latitudini boreali, sono soggetti alla ciclicità dal mutamento stagionale che influisce su tempo atmosferico, le temperature, la durata del giorno e della notte… I popoli della preistoria hanno osservato e compreso che il comportamento di vegetazione e animali muta in base allo scorrere delle stagioni e che ci sono fenomeni celesti che ne indicano l’inizio e la fine (moto solare e apparizione di costellazioni particolari, per esempio). Molto probabilmente l’andamento stagionale influenzava anche la vita sociale dei cacciatori paleolitici, i quali vivevano in piccoli gruppi in inverno, quando c’erano meno risorse, per riunirsi nei periodi di abbondanza e si svolgevano attività comuni celebrando forse, a questo punto, anche i cambiamenti della natura e del tempo. A tal proposito, è stata portata la tesi che le famose pitture parietali preistoriche d’Europa possano essere una sorta di calendario che segnava lo scorrere delle stagioni, rappresentate in questo caso dagli animali raffigurati (soprattutto bisonti e cavalli).