Prima di parlarvi di questa Masca nello specifico, vorrei fare alcune vere e proprie comunicazioni di servizio: la collaborazione con Lucia di Una penna spuntata, sostenitrice di Babacio e madre adottiva di un paio di Madamine, che in tempi non sospetti mi propose questo progetto condiviso e dalla quale continuo a imparare cose, volge al termine…
Questa che vedete è infatti la penultima bambola nata dalle nostre mani, scriventi e cucenti; ma non ce ne andremo senza il proverbiale botto, potete contarci! E non solo perché queste ultime storie sono davvero pazzesche, ma perché stiamo organizzando qualcosa per la data più stregonesca che ci sia: Halloween! Vi consiglio perciò di restare sintonizzat* sui nostri blog e social (ma per avere la certezza definitiva di non perdersi nulla, io mi iscriverei anche alla newsletter: qui trovate il link diretto).

E ora, cominciate a scoprire tutto, ma proprio tutto, sulla Masca di settembre leggendo la sua storia: La strega mammana.

Lavoro sporco. Dopo avermi fatta sentire a mio agio, accettando la proposta dello stregone svizzero del mese scorso, Lucia per settembre mi ha inviato la storia di una donna, forse meno distante di altre nel tempo, ma così lontana geograficamente che, ho dovuto convenirne, non sapevo davvero nulla. Certo l’Ucraina è purtroppo balzata nella vita di tutti noi a causa degli eventi attuali, ma che fare con una donna sconosciuta, appena più in là di metà Settecento, in un luogo di cui è difficile anche solo leggerne il nome, figurarsi pronunciarlo. Ebbene, è evidente che per l’Inquisizione questo non fosse un problema: pare ormai chiaro e assodato che venisse richiesta in tutta l’Europa una condotta universale che non poteva applicarsi agli stili di vita di ogni (sperduto) angolo del continente. Se ormai ci è ben chiaro che streghe e stregoni prosperavano, a quanto pare, nei coni d’ombra degli imperi e della società, tra le minoranze etniche o tra le classi più disagiate, con questa Masca ripiombiamo anche nell’importante tema della discriminazione di genere perché Orzyszka non era solo una donna, ma era anche una mammana. Questo termine, in realtà originario dell’Italia meridionale, nel gergo corrente non indica solo il ruolo di levatrice, figura indispensabile per far nascere i bambini prima dell’avvento della moderna sanità, ma è utilizzato anche per quelle donne che solitamente venivano incaricate di praticare gli aborti: se pensiamo ai recentissimi dibattiti sull’argomento, non ci viene difficile immaginare come gli inquisitori del Settecento giudicassero le donne che esercitavano tale professione…

Lente antropologica. Senza poter aggiungere nulla di più rispetto quanto scritto da Lucia nel suo articolo, che ha studiato per noi il caso!, e volendo andare oltre le vicende personali di Orzyszka, vorrei solo far emergere una riflessione che mi era nata tempo fa, ripensando alle varie Masche già conosciute… Mettendo insieme ciò che sapevo di mio, che proviene dal campo dell’antropologia e del folclore, e quello che ho appreso in questo viaggio, grazie alle ricerche per le varie bambole e alle letture che mi ha consigliato Lucia, non posso non restare un po’ perplessa dal rapporto che s’instaura (o meglio, che viene creato dagli inquisitori, giacché abbiamo visto nella scorsa puntata che la Stregoneria non è un fatto storico, non è un gruppo di persone che si autoproclama così investendosi del potere di mutare gli eventi, ma è una costruzione da parte della classe dominante per controllare il resto della comunità) tra stregoneria e infanzia. Dal celebre unguento ottenuto dal grasso di neonato bollito in grado di far volare chi doveva recarsi al sabba, alla cenere dei piccoli cadaveri che era elemento imprescindibile delle varie polveri per contaminare acque e seminare malattie, fino alla sfera femminile più intima, quella del parto. C’era un evidente intento di rendere (ancora più) disgustosi coloro che si macchiavano di questi crimini, perché i bambini sono per definizione innocenti. Ma far leva sulla maternità, agendo sul latte materno o sulla sopravvivenza al parto, sembra quasi -a mio modesto parere- un meccanismo per mettere le donne contro le donne, toccando quei punti fragili che, nel momento della nascita, sono ulteriormente a rischio. Se si considerano poi le accuse a mammane ed erboriste, il cerchio si chiude sul creare diffidenza nel sapere femminile, dovendosi affidare interamente agli istruiti medici ufficiali (maschi)?

La bambola. Senza voler -di nuovo- entrare in merito alla vicenda storica di Orzyszka e alla sua attendibilità come persona (di questo vi sarete fatti la vostra opinione dopo aver letto le parole di Lucia) vi lascio come sempre qualche riferimento alla bambola in sé. Ora, che Orzyszka fosse più o meno presente a se stessa, io non l’ho reputato importante per immaginarmela: nella mia testa lei era una levatrice esperta e capace (dopotutto, il casino l’ha fatto la madre che non ha seppellito degnamente il neonato, mica lei) e per questo ho voluto darle un aspetto pulito e dignitoso. Lucia ed io ci siamo confrontate sulla possibile età della donna, che non viene specificata in nessuna cronaca ma che non doveva essere giovanissima… ci siamo poi decise a farle indossare un ochipok, il tradizionale copricapo delle donne ucraine che, al pari di molti altri che ho dovuto realizzare per le nostre streghette!, era un accessorio elaborato e ricco di tessuto, che non lasciava i capelli scoperti (per moltissimo tempo infatti alle donne europee non era consentito mostrarli perché prerogativa delle nubili o di chi esercitava professioni libertine). Infine, se vi state domandando che ne è del consueto talismano… sappiate che non ci siamo sbagliate, c’è, ma questa volta non si tratta di una pietra: “I ricami, fatti sempre in filo rosso, hanno la funzione di ‘incantesimo’. Sono eseguiti su tutti i punti in cui il vestito ha un buco (cioè scollatura e orlo delle maniche e della gonna), per garantire appunto una protezione extra dalle forze esterne. Nel caso degli abiti femminili, chiamati vyshyvanka, c’è sempre un ricamo più grosso all’altezza del petto (per infondere coraggio e protezione al cuore) e all’altezza degli avambracci (per dare forza alle braccia che dovranno cullare i bambini e occuparsi di tutte le faticose incombenze domestiche)” secondo gli appunti di Lucia. Ovviamente sul minuscolo abito di Orzyszka ho dovuto semplificare un po’, ma il ricamo sul petto è ispirato allo Zori, la stella del mattino: secondo la tradizione proteggerebbe dalle malattie e, più in generale, dalla sfortuna. Direi che alla nostra Masca è stato provvidenziale!

E per avere altre informazioni sulla vyshyvanka, eccovi un articolo su di essa scritto proprio dalla nostra Lucia, La vyshyvanka: nell’abito tradizionale ucraino, un amuleto ricamato su stoffa!