TRAMA. In tessitura, il filo di trama s’ intreccia con i fili dell’ordito creando il tessuto.
In maniera figurata, l’intreccio, la trama, è la linea essenziale di svolgimento dei fatti che formano un’opera narrativa.
Per me il cucito è un atto creativo che prevede di prendere idee e materiali, indirizzandoli in un messaggio determinato, che narra una certa storia in modo differente.
Si tratta di prendere un’altra strada rispetto quella già pensata, già fatta e, come risultato, già raccontata.
Fare. Un fattore che mi ha aiutato (ma che ho compreso solo di recente) in questa rilettura costante è proprio la possibilità che il cucito offre di fare, disfare e rifare. Un fare che non è atto fondativo una tantum, una genesi realizzata una volta e una soltanto, perfetta in partenza e per questo immutabile nel tempo.
È invece un inizio che apre mille scenari, che permette d’intraprendere sentieri diversi. Di accorgersi dell’errore e tornare indietro.
Prima della possibilità offerta dalla scrittura al pc (dove, in caso di errore si può tornare indietro e far sparire il testo sbagliato), il cucito e i vari lavori con i filati, permettevano di scucire e rifare. Tornare indietro e correggere o modificare. Di sperimentare. E decidere con cognizione di causa, una volta esplorate le varie opzioni e trovata la più consona alla propria persona.
Disfare. Disfare non è distruzione. Non è rifiuto. È ri-pensamento, riprogettazione. È infondere nuova vita quando qualcosa non ci parla più; permette di non gettare via, è contro lo spreco, è contro il sentirsi e far sentire inutile. È dare una seconda (o terza o quarta) possibilità a qualcosa che non calza bene, che non ci fa stare comodi che è unfitted, come dicono gli anglofoni.
Capita che in alcune storie non ci senta comodi, come un abito che stringe in vita o fa prurito sulla schiena: ma perché mai una dea dovrebbe trasformare in mostro una donna per punizione? Eppure la regina cattiva, quando può, si vendica eccome della figliastra giovane e bella. Quante volte abbiamo pensato, a un certo proverbiale punto della storia, “io avrei fatto diversamente”?
E il tuo fare diversamente è giustificato con il fatto che sei solo una persona qualunque, non una dea o una regina. Si creano distanze e rancori anche con una semplice fiaba.
Rifare. Quando una cucitura non mi convince, la disfo e la rifaccio come piace a me. O come è adatta alla situazione. O come non dà fastidio a chi la vede: lo stesso è per le storie.
Le fiabe servono a questo: se la dea si vendica sulla ragazza, chi la prega non lo farà per adorazione, ma per timore. Se la ragazza si trasformerà in un mostro e combinerà sconquassi ci s’interrogherà sulla sua natura, ma anche sull’operato della divinità che l’ha così mutata.
“Io avrei fatto diversamente” nel cucito si può sempre fare e allena la mente a farlo per tutto il resto della realtà.
Rifare insegna una grande lezione: non si parte mai da zero. C’è sempre un passato con cui fare i conti, c’è sempre un errore su cui imbastire un nuovo progetto. Questo è particolarmente difficile quando quel passato ci fa soffrire, quando l’errore non ci fa stare a nostro agio, quando non condividiamo la decisione della dea o della regina cattiva. Purtroppo non possiamo alterare ciò che è stato, anzi: ciò che è stato ci rende ciò che siamo oggi (e non è neppure detto che in seguito il nostro operato non sarà sottoposto a eguale critica!).
Mi sembra una predisposizione di pensiero piuttosto necessaria nei tempi storici che troviamo a vivere: se non sempre le scelte che sono state prese per noi ci risultano condivisibili, teniamo conto che c’è un margine di riscrittura della nostra esistenza, un punto di vista alternativo a quello che ci viene fornito e che -forse- ci risulta più calzante, più fit.
E, d’altronde, la vita come un filo è una delle cose più antiche del nostro immaginario.
Il cucito insegna che, quando si taglia via qualcosa in fase di creazione, quella cosa non sparisce.
Spetta a noi decidere se quel pezzo d’avanzo sia da abbandonare in un angolo, essere gettato nel cestino oppure riutilizzato e magari valorizzato in un altro progetto.
A volte lo scampolo di tessuto siamo noi, questo insegna il cucito: che niente nasce dal nulla e ha un confine e un’esistenza definitiva, tutto è trasformabile, tutto può essere metamorfosi.
Ah, in botanica, la trama è pure la massa fondamentale di certi funghi.
Per un fil rouge tra questo e altri pensieri di cucito, c’è il post Quando fare era pregare.
Per le immagini mitologiche del filo: Aracne e le altre filatrici.
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